In un Palaprovincia gremito di giovani studenti e di interessati professori, si è tenuta ieri mattina uno straordinario incontro con due grandi filologi del nostro tempo, Ivano Dionigi e Federico Condello, introdotti dall’intervento di Gianantonio Collaoni. Nell’ambito di quest’incontro dal titolo “Il presente non basta. La lezione del latino”, ispirato all’omonimo libro di Dionigi, la discussione tra i filologi ha toccato svariati punti, dal latino alla politica, dalle traduzioni alla scuola e ai saperi trasversali, soffermandosi sulla constatazione che troppo spesso ci ritroviamo appiattiti nel presente, facciamo fatica ad avere prospettive per il futuro, le soluzioni che cerchiamo sono a breve termine e troviamo difficoltà nel fare i conti con il passato.
Sempre ieri mattina, presso il Palazzo della Provincia, è tornato a vivere il mito di Michelangelo grazie alla lectio magistralis del professor Costantino D’Orazio, il quale ha presentato al festival il suo libro “Michelangelo. Io sono fuoco”. Un titolo emblematico rispetto alla personalità di Michelangelo, presentato dall’autore come un personaggio irrequieto, sanguigno, temerario, un uomo dalle passioni forti, che sapeva amare, travolgere, ma anche essere vendicativo. Viene descritta, insomma, la storia di un immenso artista dalle mille contraddizioni, sempre in bilico tra la rovina e l’apoteosi, il cui indescrivibile talento l’ha portato ad essere conosciuto da tutti, ammirato da molti e nemico di tanti.
Nel pomeriggio di ieri, si è concluso con quella che si potrebbe definire una vera e propria standing ovation l’intervento di Massimo Recalcati intitolato “Elogio del leggere”, presso il Palaprovincia di Largo San Giorgio. Il noto professore e psicanalista, già ospite nelle scorse edizioni di pordenonelegge, ha sottolineato come quando si parli di letteratura, si parla prima di tutto di linguaggio e di come la psicanalisi cerchi di utilizzare una lingua che è matrice di tutte le altre ed eccede da ogni codice linguistico. Per definire questa lingua primitiva dell’uomo, il maestro di Recalcati, Jacques Lacan, ha forgiato un neologismo particolare, chiamandola “lalangue”, che in italiano traduciamo come “lalingua”.
Nel frattempo, presso la Sala Convegni del Palazzo della Camera di Commercio, si è discusso di un tema strettamente attuale e che interessa la nostra penisola da svariati decenni. L’eurodeputato e vicepresidente del parlamento europeo Gianni Pittella ha presentato il suo libro “Scusate il ritardo”, in cui fa riferimento alla situazione di arretratezza economica e infrastrutturale che affligge il Sud Italia. Ma il libro parte da una considerazione ben precisa: lo sviluppo delle zone più arretrate del mezzogiorno può e deve essere un importante fattore di crescita, non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa intera.
Don Renato De Zan e il rappresentante della casa editrice Scripta Maneant, Federico Ferrari, con la conduzione di Antonella Silvestrini, hanno presentato ieri al pubblico del festival, presso lo Spazio BCC Fvg, il maestoso volume fotografico “La Bibbia di San Marco a Venezia”, un’opera monumentale, il cui scopo è consegnare ai lettori uno spettacolo che nemmeno i turisti hanno la possibilità di ammirare: tutti i mosaici della basilica, alcuni dei quali ripresi a grandezza naturale. Partendo da questo piccolo, grande capolavoro, ci si è voluti soffermare, inoltre, sull’importanza dell’eredità marciana nel cristianesimo e sul particolare contributo dell’arte alla spiritualità dei singoli.
Ieri è anche proseguita la rassegna di arte e architettura del nostro festival, con l’incontro “La sporca bellezza. Indizi di futuro tra guerra e povertà”, tenuto dall’architetto Raul Pantaleo, con la presentazione di Roberto De Marchi. L’architetto, presentando il suo libro, ha posto al centro della riflessione l’importanza di vedere l’architettura come “arte eminentemente sociale”, un architettura che si mette al servizio delle esigenze sociali, insomma. Il libro descrive il progetto, realizzato in collaborazione con Emergency, che punta alla realizzazione di edifici efficienti, utili ed esteticamente apprezzabili in quei luoghi considerati “periferie del mondo”.
Il Teatro Verdi, si sa, è luogo incontri con grandi personaggi durante pordenonelegge, e anche quest’anno così è stato. Ieri è salito sul palco Corrado Augias, presentare il suo ultimo libro “I segreti di Istanbul”, una sorta di grande romanzo con la città turca come protagonista, una città a cavallo tra il mondo occidentale e quello islamico, ricca di storia e mistero, ancora oggi simbolo di una cultura ambivalente tra il mondo mediorientale ed europeo. A comporre la trama dell’opera di Augias ci sono le storie degli uomini e elle donne che l’hanno fondata, vissuta trasformata, e che ne hanno cambiato il destino.
Un nuovo sguardo sulla nostra terra, ieri pomeriggio a Palazzo Klefisch, nell’incontro “I vini macerati del Friuli Venezia Giulia”, con Stefano Cosma e Damijan Podversic. Quando l’uomo imparerà a vivere secondo i ritmi della natura? È questo che si sono chiesti Cosma e Podversic, presentando il volume curato dal compianto Mauro Nalato, recentemente scomparso. Un’ampia riflessione per sottolineare l’importanza di questo meraviglioso prodotto della nostra terra, che da oltre 20 anni sta conquistando estimatori da tutto il mondo. Meravigliosa la citazione di Podversic, con il quale egli spiega la sua visione del mondo, enologico e non:
“Sarò ricco se la mia terrà varrà, non se avrò il conto in banca pieno. L’uomo deve ridare importanza alla propria terra, perché l’ha svalutata”
Tra i titoli stranieri presentati a pordenonelegge ha fatto capolino anche un romanzo francese che, sebbene sia stato dato alle stampe ormai quasi vent’anni fa, è stato tradotto in italiano da Gianmaria Finardi soltanto l’anno scorso. Si tratta di “Sul soffitto”, di Éric Chevillard, autore di questa singolare favola, in cui, con la sua prosa sorprendente e irriverente e il suo bizzarro umorismo, illumina la complessità di temi come esclusione, diversità e accoglienza. Una favola fuori dagli schemi, che si pone come obiettivo quello di fornire ai lettori l’occasione di vedere le cose da una prospettiva decisamente differente, dando la possibilità di riflettere con occhi diversi su argomenti che toccano la vita di ciascuno di noi.
A Palazzo Montereale Mantica, intanto, si parlava di storia insieme a Riccardo Chiaberge e Marcello Fois. Una storia dolorosa, raccontata nel libro “1918, la grande epidemia: quindici storie della febbre spagnola”, una storia scritta per ricordare a chi se lo dimentica che la fine della Grande Guerra non corrispose alla fine delle sofferenze e delle morti di questo oscuro periodo della nostra storia recente. Una storia che accomuna Walt Disney e Guillame Apollinaire, Egon Schiele e Leò Szilard e tanti altri ancora. Se la guerra aveva comportato per l’Italia in tre anni circa 680.000 morti, la febbre spagnola in appena tre mesi aveva mietuto circa 100.000 vittime. Ma di questi morti non vi è memoria pubblica.
Un’importante lezione di vita è giunta ieri dal chiostro della Biblioteca Civica di Pordenone, dove Beatrice Masini ha presentato l’intervento di Andrea Antonello, insieme a suo padre Franco. Una lezione di vita perché l’autore del libro presentato, “Le parole che non riesco a dire”, è Andrea, e Andrea è un ragazzo autistico. Andrea in questo libro si racconta, si descrive, parla della realtà e delle persone che lo circondano, esterna le proprie opinioni con lucidità e chiarezza. E ha deciso di scrivere questa sorta di autobiografia per sfatare un mito, per abbattere i luoghi comuni, per gridare al mondo che lui non è così diverso come molti potrebbero sostenere. Un libro rivolto ai bambini, questo perchè solo educando, solo sventando fin da subito la paura del “diverso”, è possibile cambiare qualcosa.
Nel tardo pomeriggio di ieri, al Teatro Verdi, è avvenuta la consegna ufficiale dell’omaggio “La storia in un romanzo”, quel premio che ogni anno promuove un autore meritevole di aver saputo fondere letteratura e storiografia in uno di quegli impasti chiamati narrative non-fiction. E grazie a “Soldati di Salamina”, “Anatomia di un istante” e “L’imperatore”, l’autore premiato quest’anno è stato Javier Cercas. Al centro dei suoi romanzi, che spesso trattano tratti oscuri della storia spagnola, c’è sempre un punto cieco, attraverso il quale il silenzio parla. In questi libri pulsa una domanda centrale, e l’intero romanzo consiste nella ricerca di una risposta che in realtà non esiste.
Tradurre un classico per il cinema costituisce da sempre una sfida importante, una sfida alla quale non hanno rinunciato il regista Pietro Marcello, purtroppo non presente all’incontro, e lo scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci, presentato da Dario Zonta nell’ambito dell’incontro “Tradurre un classico per cinema: Martin Eden di Jack London”. I due stanno lavorando all’adattamento cinematografico di questa sorta di libera autobiografia in terza persona dello scrittore statunitense, di cui ricorre il centenario, e hanno scelto di parlarne in anteprima a pordenonelegge, in un incontro organizzato in collaborazione con Cinemazero. Dalle parole di Braucci è emersa l’importanza di una perfetta conoscenza di tutti i piani della narrazione, dallo stile usato alla componente psicologica, al fine di rispecchiare anche nella pellicola gli intenti originari dell’autore.
In un dialogo a metà tra l’astratto e il concreto, Chiara Valerio e Paolo Zellini, rispettivamente matematica/scrittrice e matematico di professione, hanno parlato di “Numeri e vita”, nella cornice del Palaprovincia di Largo San Giorgio. La Valerio ha cercato di spiegare come la matematica nasca perché gli esseri umani sono fatti della stessa sostanza di cui è fatto il tempo, in una sorta di riflessione matematico-filosfica in cui reale e immaginario non sono concetti opposti, ma possibilità dell’essere. Zellini, invece, ha tentato di rispondere alla secolare domanda che ogni generazione umana si pone, ossia se i numeri siano un’invenzione della mente o una scoperta con cui la mente accerta l’esistenza di qualcosa che è nel mondo.
Collaboratore di Umberto Agnelli in Fiat, Amministratore Delegato di Lancia S.p.A., Presidente del Consiglio di Amministrazione della Zanussi e Presidente della Telecom Italia appena privatizzata. Non servono ulteriori presentazioni per Gian Mario Rossignolo, uno dei massimi dirigenti della storia economica del nostro Paese, che, ieri sera a Palazzo Montereale Mantica, ha presentato, insieme a Paolo Candotti, il suo libro “Passione industria. Cinquant’anni nel cuore della grande impresa italiana”. Il bilancio di Rossignolo, purtroppo, è piuttosto amaro: egli sente che la sua generazione di dirigenti ha lasciato in eredità un Paese indebitato che ha perso il controllo delle sue aziende più importanti. Ma l’autore lascia anche un messaggio di incoraggiamento:
“Gli errori compiuti possono essere utili per evitare almeno di rifarli”
Si è acceso, ieri sera, il Teatro Verdi, illuminato dalla stella di Francesco De Gregori, uno dei più grandi cantautori della storia della musica italiana, che ha calcato il palcoscenico accompagnato da Antonio Gnoli e presentato da Massimo Cirri. De Gregori ha presentato il suo libro “Passo d’uomo”, scritto a quattro mani con Gnoli, noto giornalista e saggista. <<Non è autobiografia, ma una riflessione sul mondo>>, spiega De Gregori, <<“Passo d’uomo” è anche il titolo di una mia canzone, dall’album “Sulla strada”, e significa che per misurare il mondo devi sapere misurare l’uomo>>. Il tentativo di trovare una misura umana è, difatti, il filo conduttore del libro.
L’Islam è uno dei temi più caldi nel mondo occidentale, e in questa edizione di pordenonelegge è stato uno degli argomenti maggiormente trattati. Se n’è parlato anche ieri sera, presso lo spazio ITASincontra di Piazza della Motta, dove Omar Monestier ha presentato l’intervento di Lilli Gruber, dal titolo “Prigionieri dell’Islam. Terrorismo, migrazioni, integrazione: il triangolo che cambia la nostra vita”. Il libro è strutturato intorno a questo triangolo chiuso rappresentato dai significati interdipendenti di immigrazione-Islam-terrorismo, un triangolo idealmente deleterio per la sua carica popolare, letale per la democrazia e la libertà. La Gruber ha tentato di dissipare i pregiudizi di cui troppo spesso siamo prigionieri, sostenendo che comprendere l’Islam infatti non è poi così difficile, non essendo essa una religione incompatibile col nostro concetto di democrazia e con la nostra scala di valori.
Natalino Balasso e Massimo Cirri hanno condotto l’uditorio del Palaprovincia ad un vero e proprio rave letterario, in cui si affrontano tutti i problemi tipici di chi si propone di scrivere un romanzo: dal blocco dello scrittore allo sforzo creativo. Per questa missione si sceglie un aiutante alquanto particolare e poco, per non dire nulla, cimentato in materia… il pubblico! Sono state accolte le idee di chiunque facesse parte a questo caos organizzato, unendo più menti per cercare di domare la letteratura che però, alla fine, fa sempre ciò che le pare. L’obiettivo della serata è stato quello di arrivare a scrivere l’incipit di un romanzo di fantascienza, attingendo spudoratamente da autori quali Paulo Coelho, Volo e Veltroni. Una mission impossible a metà tra il comico e l’istruttivo.
Un pubblico eterogeneo quello che stamattina si è riunito presso il Museo di Storia Naturale Silvia Zenari, per ascoltare i cinque poeti pordenonesi della Pordenone Poesia Community, per l’incontro di “Chiare, fresche e dolci acque”. Diversi tra loro sono anche gli autori, ognuno con storie diversi e modi di scrivere caratteristici, uniti, però, dalla passione di raccontare la loro terra. I componenti della community erano, per l’appunto, Maria Luisa Calabretto, che trova lo spazio per la poesia nonostante la sua attività di analista di laboratorio; Laura de Micheli, a capo di un’azienda agricola del territorio; Ferruccio Giaccherini, che vanta l’appartenenza a due terre straordinarie, Toscana e Friuli; Ilaria Pacelli, insegnante e appassionata di letteratura classica e, infine, Lino Roncali, che descrive attraverso versi naturalistici le sue uscite domenicali.
Pierluigi Battista, vicedirettore del Corriere della Sera, ha presentato questa mattina a Palazzo Montereale Mantica il suo libro “Mio padre era fascista”, con il quale tocca un tema molto delicato per gli italiani. Un romanzo autobiografico che parla del prezzo richiesto dalla coerenza, di scelte condivise e non, di affetti mai confessati e di grandi dispiaceri. Nel corso del suo romanzo, Battista fa un’analisi della sua infanzia e delle ragioni del padre, senza però mai arrivare ad una sospensione di giudizio. Sostiene che la storia non è una e che, forse, se avessimo potuto ascoltare le testimonianze di più padri e non solo di uno, senza essere influenzati dalla paura di ascoltare una verità scomoda e troppo dura, avremmo potuto capire davvero il fascismo.
Sono Luciana Vagge Saccorotti e Vitalij Aleksandrovič Šentalinskij i nomi dei due relatori che, presso il ridotto del Verdi, hanno tenuto la conferenza dal titolo “Bulkagov riemerge dalla Lubjanka”, sull’avvincente ritrovamento di diari e lettere di molti scrittori russi dalla sede dei Servizi Segreti sovietici. Šentalinskij racconta di come non sia stata cosa facile ottenere il permesso per entrare nella Lubjanka, egli fu il primo a decidere di entrarci per sua spontanea volontà. Una scoperta che avrebbe reso necessario correggere le enciclopedie: tramite liste e annotazioni si potè risalire a 1500 autori che avevano dovuto subire fucilazioni. La ricerca non è ancora esaurita, afferma, ma per ora possiamo godere della traduzione del dossier su Bulgakov della Saccorotti, intitolato “Il maestro svelato”.
Antonio Caprarica, giornalista e scrittore, presentando questa mattina presso piazza San Marco, insieme a Valentina Gasparet, il suo libro “Intramontabile Elisabetta”, pubblicato nel giorno del compleanno della regina, coglie l’occasione per svelare alcuni segreti sul modo di governare di sua maestà che, di 90 anni compiuti da poco, 64 ne ha passati sul trono. Una regnante tutta d’un pezzo, convinta di dover portare avanti una missione guidando il suo popolo, convinzione che nel 1953 (data della sua incoronazione) era condivisa anche dal 30% dei suoi elettori. Guidare, consigliare e avvertire, questi i tre doveri a cui una regina non dovrebbe mai venir meno. Ed è proprio una delle sue caratteristiche a volte poco apprezzate a renderla in realtà così amata dal popolo.
“Il servo rosso”, è questo il titolo della particolare antologia di poesie scelte presentata questa mattina presso la Libreria della Poesia dall’autore Paolo Valesio, insieme a Nicola Gardini. Particolare perché si tratta di un’edizione bilingue, nonostante il suo autore sia italiano. Valesio, teorico della letteratura e poeta, ha insegnato ad Harvard, Yale e alla Columbia University e, così come Gardini, professore ad Oxford, conosce il confronto tra la cultura italiana e la sua ricezione all’estero, ed è grazie a questa sua esperienza diretta e a questa conoscenza acquisita nel suo vissuto e nella sua interiorità, che permette ai lettori di cogliere fino in fondo la tensione tra questi due universi linguistici.
Chiara Valerio ha invece presentato questa mattina, presso lo Spazio BCC Fvg, l’incontro con Gianni Amelio, autore del libro “Politeama”. “Politeama” è la prima opera narrativa del regista, il quale attraverso la storia di Luigino, racconta anche se stesso. “Politeama” è un romanzo di formazione struggente che è anche un’autobiografia, ed è proprio nel genere dell’autobiografia che Amelio riconosce il fondamento della scrittura stessa che sia di un romanzo o di una sceneggiatura. Sostenuto da una scrittura essenziale, il libro trasmette, nel filo della sua trama, un sentimento d’incrollabile fiducia nella forza della diversità.
A Palazzo Badini, intanto, si è toccato il caldo tema della politica. Il politologo prof. Mauro Calise, introdotto da Michelangelo Agrusti, ha presentato la sua ultima opera “La democrazia del leader”. Il libro analizza un processo di trasformazione della politica cominciato ormai da tempo e che ha ad oggetto la fine del cosiddetto corporate millenium con la sua tipica idea di potere impersonale e collettivo. L’analisi di una democrazia irriconoscibile, priva di ogni solido fondamento politico. Al centro del palco resistono solo i leader, ultimo perno di comunicazione, mobilitazione e decisione, avamposto sempre più isolato della frontiera pubblica occidentale.
Quanto siamo cambiati a livello comunitario in settant’anni di Repubblica? Il prof. Guido Crainz, nella location dell’Auditorium dell’Istituto Vendramini, risponde a questa domanda nel suo libro “Storia della repubblica”. Per trovare soluzione a questo quesito sbisogna analizzare i tre mondi che hanno coabitato in Italia: il primo e più radicato, quello rurale; il secondo, che tanto velocemente compare e altrettanto velocemente scompare, ossia quello industrializzato e, infine, quello politico-sociale, direttamente condizionato dalle pressioni popolari. Facendo questo excursus si riflette sull’importanza del boom economico degli anni ’60, che ha trasformato, in poco più di vent’annni, l’Italia in una potenza industriale, ad oggi completamente diversa. Crainz interrogando fonti assai diverse, dagli archivi di stato al cinema, riesce a fornirci in questa sua opera, un ritratto eloquente e affascinante dell’Italia negli ultimi settant’anni.
Il treno può essere molto di più di un semplice mezzo di trasporto. Lo sa bene Romeo Vecchiet, friulano nato a San Daniele, autore del libro “Il fascino del treno”, presentato questo pomeriggio a pordenonelegge dallo scrittore Giulio Mozzi per Ediciclo editore, il dipinge il treno come un luogo mistico, in cui le storie per la letteratura si uniscono alle storie di lettura. Perché è vero, il treno può essere fonte di ispirazione per racconti e storie letterarie, grazie allo scorrere del nostro sguardo sul mondo che scivola lateralmente, dal finestrino, ma è anche un luogo in cui la letteratura può essere vissuta, in cui i libri si consumano davvero, fino in fondo.
Con la collaborazione di: Marianna Bortolin