Scusi, non ci credo, non può essere, i manoscritti non bruciano” disse Woland, il diabolico protagonista de Il Maestro e Margherita, quando il Maestro gli confessò di aver bruciato il suo romanzo. Luciana Vagge Saccorotti e Vitalij Aleksandrovič Šentalinskij raccontano al pubblico del Ridotto del Verdi l’avvincente storia del ritrovamento dei diari e delle lettere di molti scrittori russi, fra cui Michail Bulgakov, sepolti fino a non molto tempo fa nella Lubjanka, la sede dei Servizi Segreti sovietici.

“Con la caduta del sistema sovietico e l’avvio della Perestrojka (ricostruzione) cominciò una nuova stagione: fare ricerca storica, riscoprire artisti censurati e ricreare una coscienza collettiva del passato russo era in quel momento possibile” spiega Šentalinskij che nelle sue ricerce sugli artisti repressi ha deciso di dedicarsi “agli scrittori, perché sono sempre stati considerati un secondo potere in Russia”. A Šentalinskij venne accordato il permesso di entrare nella Lubjanka, ma non fu cosa semplice: “Ci volle un anno per mettere assieme una commissione ad hoc e poi un altro anno per ottenere l’accesso agli archivi dei Servizi Segreti sovietici”.

 Ricorda Luciana Vagge Saccorotti che chi per la prima volta fece entrare Šentalinskij in Lubjanka usò un’espressione che, in russo, assume un doppio significato: “dove posso sistemarvi?”, ma anche “dove posso mettervi in prigione?”. Šentalinskij è stata infatti la prima persona a entrarvi di propria spontanea volontà: “Trovammo migliaia di manoscritti sconosciuti e mi si aprì davanti un’opportunità storica: la possibilità di scoprire la verità sulla morte e la scomparsa di molti scrittori, l’opportunità di riabilitare molti artisti. Si trattava di correggere le enciclopedie”.

Lì Šentalinskij ha trovato liste con nomi, date e spunte che indicavano il trapasso a miglior vita di un autore: 1500 scrittori furono fucilati. Interessante il ritrovamento di documenti relativi a scrittori che non avevano subito repressioni, come ad esempio Maksim Gor’kij, scrittore di regime. Anche lui veniva spiato dai servizi segreti che gli rubarono da casa delle lettere indirizzate a Lenin. “Furto della memoria storica russa” lo definisce Šentalinskij.

A chi gli chiede se il lavoro di scavo storico svolto dalla commissione faccia presagire altre sorprese Šentalinskij risponde: “Le ricerche non hanno esaurito tutti i documenti esistenti, possiamo ancora aspettarci nuove rivelazioni”. Per il momento però basti accontentarci della traduzione del dossier su Bulgakov che Luciana Vagge Saccorotti riporta nel suo libro Il maestro svelato. Bulgakov riemerge dalla Lubjanka (Gammarò Editore, 2016).

Chi pedinava Bulgakov non lo nascose, né lo bruciò. Il Maestro aveva ragione: “i manoscritti non bruciano”.