Gli splendidi soffitti affrescati di Palazzo Badini, nuova sede della fondazione Pordenonelegge.it, hanno accolto questa mattina il politologo prof. Mauro Calise, che stuzzicato dalle domande di Michelangelo Agrusti ha presentato al pubblico la sua ultima opera “La democrazia del leader”.

Il libro analizza un processo di trasformazione della politica cominciato ormai da tempo e che ha ad oggetto la fine del cosiddetto corporate millenium con la sua tipica idea di potere impersonale e collettivo.
Rappresentanti e campioni per eccellenza di quest’era al tramonto erano i partiti novecenteschi, fondamentali catalizzatori delle dinamiche di “incorporazione delle masse” e di spersonalizzazione del potere.

Grazie al ruolo svolto dai partiti, il  tradizionale modello di tripartizione dei poteri già di Montesquieu ha retto i cambiamenti radicali e gli stravolgimenti della storia più recente, con il rafforzarsi del potere esecutivo e di quelle giudiziario sul legislativo.

Tra i cambiamenti più dirompenti degli ultimi decenni vi è però proprio l’indebolimento progressivo di questi corpi intermedi, con i partiti in senso novecentesco che sono stati travolti – in Italia – dal collasso della “prima Repubblica”; a ciò si affiancava l’emergere prepotente di nuovi poteri, e in particolare di quello che Calise chiama il “fattore M” indicando con esso la Magistratura ed i Media.

In un orizzonte dove i rapporti causa-effetto si mischiano e rincorrono, questi ultimi due poteri cambiano gli equilibri in campo.
Le forze politiche, ormai sempre meno apparati impersonali in grado di aggregare consenso sociale, trovano legittimazione nella figura del leader, e così facendo legano a questa figura il proprio destino.
Per dirla con Calise: media logic e ius logic sono individualistiche: si persegue l’individuo uti singuli e per questo i partiti tradizionali, perfettamente capaci di resistere alla fine dei loro leader, costituivano un diaframma ed un ostacolo all’esercizio massiccio dei poteri mediatico e giudiziario.

I leader degli esecutivi del giorno d’oggi devono quindi guardarsi da una serie di minacce considerevole, e, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, anche dal proprio stesso partito e dallo spauracchio della deriva autoritaria, agitato ad ogni tentativo di rafforzamento delle prerogative del Governo.

D’altra parte, un simile rafforzamento potrebbe essere letto come una risposta sistemica per bilanciare ed arginare in qualche modo il protagonismo sempre più incisivo del “fattore M”, che alcune forze politiche cercano di mitigare attraverso l’inclusione – si pensi ad esempio alle nomine di magistrati per ruoli politici e governativi di primo piano.

Quale punto di equilibrio troveranno queste spinte contrastanti, conclude Calise, «per fortuna non lo sappiamo ancora»; quel che è certo è che «siamo all’inizio di un nuovo tipo di democrazia».