L’Islam è uno dei temi più caldi nel mondo occidentale: immigrazione e terrorismo sono sempre presenti nella nostra quotidianità e sono così determinanti da influenzare il nostro pensiero e da farci propendere facilmente verso drastiche idee risolutive in apparenza possibili ma irrealizzabili nel concreto. E’ ciò che Lilli Gruber, ieri sera durante la presentazione a Pordenonelegge del suo ultimo libro “Prigionieri dell’Islam“, ha spiegato al grande pubblico presente in Piazza della Motta. Comprendere l’Islam infatti non è difficile: non è una religione incompatibile col nostro concetto di democrazia e con la nostra scala di valori.

Il libro è strutturato intorno a un triangolo chiuso rappresentato dai significati interdipendenti di immigrazione-Islam-terrorismo, un triangolo idealmente deleterio per la sua carica popolare, letale per la democrazia e la libertà. Siamo troppo spesso prigionieri dei pregiudizi e dell’ignoranza nei confronti dei musulmani, a loro volta prigionieri di un’interpretazione arcaica e oscurantista del Corano, certamente minoritaria ma determinante nel descrivere una falsa realtà generale, che blocca la possibilità di una conoscenza reciproca.

Tra i tanti motivi di diffidenza certamente sta la restrittività di tale religione. Il velo è emblematico: incompatibile con il nostro concetto di libertà, anch’esso associato al terrorismo, rivela una condizione femminile duplice; da un lato risulta un’imposizione del mondo maschile, confermata e avvalorata da alcuni passi del Profeta sul Corano che, come altri testi religiosi, non è esente dall’oscurantismo; dall’altro invece può trattarsi di una libera scelta femminile, la quale, nata e cresciuta in un determinato ambiente, per forza di cose non può agire diversamente.

Un concetto questo del tutto incompatibile con i nostri principi e valori. Di qui un’altra aggravante del timore verso l’Islam ossia la paura di mettere in discussione valori per noi non sindacabili. Punto di partenza è quindi avere chiaro ciò che per noi non è negoziabile, come i diritti delle donne, ottenuti dopo secoli di battaglie durissime. Di contro è possibile invece offrire altre possibilità, come la costruzione di luoghi di culto conosciuti, ufficiali e dignitosi e pertanto controllabili. Inoltre è giusto che le prediche vengano fatte esclusivamente in lingua italiana. Si tratterebbe in sostanza di fare un primo passo concreto per venire incontro all’esigenza di integrazione, cosa che peraltro già avviene altrove, come in Germania.

Ciononostante si deve stare attenti a comprendere e considerare l’inquietudine rispetto all’immigrazione incontrollata: i nostri politici sono sempre attenti e inclini a seguire gli umori dell’opinione pubblica, e pertanto la sfruttano al tornaconto politico. Per sfatare un mito, ad esempio, l’immigrazione non è incontrollata: nonostante non sia su tutti i notiziari, ogni giorno in Sicilia gli sbarchi continuano, come continua il costante lavoro del Ministero degli Interni nella gestione umanitaria del fenomeno.

Soluzioni in apparenza immediate e semplici, come la chiusura totale delle frontiere, non sono attuabili. Non è nemmeno possibile pensare di attuarle, troppo facilmente ci si lascia convincere di ciò: se fosse così semplice farlo, perché ancora non è stato fatto?