Le parole che non riesco a dire” è il titolo del libro che il giovane Andrea Antonello ha scritto e in cui narra la sua vita. “Lineare”, penserete. Certo. Ma ho omesso un piccolo dettaglio: Andrea è autistico.

Potrà sembrare strano, ma questo ragazzo è il vero autore di questo testo; un testo in cui si racconta, si descrive, parla della realtà e delle persone che lo circondano, esterna le proprie opinioni con lucidità e chiarezza. E perchè lo ha fatto? Per sfatare un mito, per abbattere i luoghi comuni, per gridare al mondo che lui non è così diverso come molti potrebbero sostenere. Andrea scrive con l’aiuto del padre, Franco, che ha contribuito alla realizzazione del libro affiancando ai pensieri del figlio ( posti solitamente a sinistra) una riflessione più sistematica ( sulla destra), che aiuti e indirizzi nella lettura.

Ma, a chi è destinato “Le parole che non riesco a dire”? Il pubblico per eccellenza sono i bambini. Non i ragazzi, non gli adulti. I bambini. Questo perchè solo educando, solo sventando fin da subito la paura del “diverso”, è possibile cambiare qualcosa e far sì che, anche chi soffre di una disabilità importante come può essere l’autismo, possa sperare di trovare non solo il suo posto nella società, ma anche aiuto, sostegno, disponibilità.

Andrea dimostra di avere una visione chiara di quello che gli capita. Infatti, parla di sè come di un “frullato di emozioni”. Ma sa anche cosa succede attorno a lui. Quando si tocca il tema della famiglia scrive: “Essere fratello di un autistico è soffrire, interrogarsi, non smettere di credere”. E parlando dei suoi genitori dice: “Tengono a noi come fiori rari”.

Ma sa anche che il mondo non è la famiglia. Non manca il ricordo della scuola e la sua consapevolezza di come potesse essere visto dall’insegnante quale elemento di rallentamento per i compagni. E Andrea si limita a chiedere questo: “Fiducia. Grazie”.

La difficoltà nell’esprimersi, nel parlare non ha rappresentato un ostacolo, anche grazie all’aiuto dei genitori che, messa da parte la confusione iniziale hanno cercato, insieme al figlio, il modo per vivere al meglio la sua problematica. Ma è lo stesso Andrea che rassicura: “Mente nostra funziona anche senza parole”.

E, infine, alla domanda della mediatrice a rivoltagli dal padre”Di che cosa abbiamo paura?”, lui risponde senza esitazione “Non abbiamo paura di niente”.