Ci sono i romanzi che aprono, altri che chiudono. “Mio padre era fascista”, del vicedirettore del Corriere della Sera Pierluigi Battista, cade nella seconda categoria in un’autobiografia di grande onestà politica e affettiva. Una storia di crescita e di fratture, sul valore della coerenza e sul prezzo che richiede. Quello tra Vittorio Emanuele e il piccolo Pierluigi è un raffronto di affetti inconfessati e dissapori manifesti, sistemato sulle gite – comandate per l’uno, liturgiche per l’altro – in pellegrinaggio ai grandi luoghi dell’architettura razionalista del Ventennio.

“Guarda”, è la domenica. Guarda Foro Mussolini, Pierluigi, guarda Littoria, guarda Cinecittà, guarda Sabaudia e la Sapienza: ti racconteranno della mutilazione della nostra Storia. Quello finisce però per avvicinarsi all’ambiente dall’altra parte della barricata, si innamora di Lotta Continua, delle cause del proletariato e della lotta di classe. Scopre un limes che stira suo padre in due esseri: il borghese ironico, galante, “con la giacca sempre nera, la camicia bianca, la cravatta grigia e i lacci fini” e il ribelle, il fascista colpito dalla macchia d’infamia; il brillante avvocato e lo sconfitto. È il rinvenimento del diario del padre morto a dare inizio alla catarsi, alla scoperta delle cronache spaventose di un uomo che fu fascista e repubblichino, ma che non era stato solamente sconfitto, ma umiliato. Dentro c’è la narrazione, il racconto che si sforza di comprendere ma non ammette sospensioni del giudizio o amnistie alle atrocità. C’erano delle motivazioni reali di Vittorio Emanuele, figlio del fascismo lugubre e della disfatta.

Il nostro Paese, ha concluso Battista, soffre nel rifiuto a raccontare una verità sul passato che esuli dalla brutalità normalizzante della “memoria condivisa”; la storia comune non è una, deve avvalersi delle memorie personali di quelli come questo padre. Se la generazione degli uomini della Seconda Guerra ci avesse raccontato una Storia libera da verità straniate, da autoassoluzioni e voltafaccia avremmo potuto capire, capire davvero, il fascismo. L’Italia ha scelto di disconoscere i propri natali, ha negato a se stessa una pacificazione che ormai si perde nelle possibilità infrante del passato.