La frollatura è un processo di stagionatura particolarmente amato dagli amanti della carne, in quanto fa sì che le carni sottoposte a tale pratica diventino più tenere e soprattutto più saporite al palato.

Partendo dall’abbattimento, sappiamo che la carne dell’animale non è immediatamente edibile. Occorre far trascorrere un periodo di tempo variabile, in base ai tagli e alle specie, durante il quale la carne diventa adatta al consumo. Il cadavere va infatti incontro al rigor mortis: a seguito dell’esaurimento dell’ATP, il carburante dei muscoli, essi si accorciano e si irrigidiscono. Solo in seguito, con l’aumento di acidità e l’azione degli enzimi dei microrganismi presenti nella carne, le fibre si sfaldano, determinando un aumento di morbidezza, succosità e sapore.
Collagene ed elastina sono però meno influenzate da questi processi, ed è proprio questa caratteristica ad influenzare la qualità delle carni.

Oltre alla quantità di collagene esistono però diversi fattori altrettanto importanti nel determinare la morbidezza di una carne, come l’età dell’animale (la carne di vitello, ad esempio, è più tenera rispetto al manzo o al vitellone ), il tipo di alimentazione e di allevamento, la quantità di grasso e infine l’acqua presente nelle fibre.

Per ottenere il giusto grado di tenerezza e le migliori caratteristiche della carne, grazie all’aroma, al gusto e al profumo da esse emanate, la frollatura è tuttavia fondamentale.
Accade così che l’animale, dopo la macellazione, venga tenuto in particolari celle frigorifero a temperature tra gli 0 e i 4° C, in condizioni di umidità e areazione controllate, per un periodo di tempo diverso a seconda della carne.
Per i tagli di vitellone da cui si ricava una fiorentina di qualità, ad esempio, i tempi di frollatura variano normalmente dai  10 ai 20 giorni. Tempi di frollatura ancor più lunghi si possono utilizzare per produzioni di  qualità più elevata, come la famosa Chianina IGP, o per la selvaggina. Le carni bianche invece, così come quelle di animali particolarmente giovani, necessitano di tempistiche assai minori, fino a un massimo di 72 ore.

Pensare che le carni comprate ogni giorno siano tutte frollate sarebbe tuttavia un sogno.
Sono due infatti gli aspetti principali che portano supermercati e macellai alla scelta di non frollare la carne. L’aspetto economico in primis, in quanto le carni in frollatura perdono circa il 10-15% del loro peso con un evidente aggravio sui costi, ai quali si aggiungono quelli per il mantenimento delle strutture e la conservazione della materia prima in frollatura. Il secondo aspetto da considerare è il cambiamento di colore della carne: asciugandosi infatti questa assume all’esterno un colore più intenso, che non piace ai consumatori ; occorre così asportarne un leggero strato, sotto il quale il colore rimane rosso acceso, incontrando il gusto del consumatore, più attento all’aspetto – viene da pensare – che alla sostanza.

La tendenza di oggi è quindi quella di vendere carne fresca ma poco tenera,  indirizzando i clienti verso i tagli del vitello, sicuramente più belli da vedere, ma anche più costosi e meno saporiti.
La frollatura viene però ancora praticata da alcuni macellai attenti alla qualità. Individuare la propria macelleria di fiducia diventa così fondamentale per i clienti più esigenti.

Le carni sono a questo punto pronte per il taglio e la successiva cottura. Quelle che contengono meno tessuto connettivo, come i tagli posteriori e la zona lombare, saranno più tenere e adatte a cotture leggere come la grigliatura, che non è in grado di sciogliere il collagene. I tagli anteriori e provenienti da muscoli che lavorano molto, più ricchi di tessuto connettivo, saranno invece adatti per essere cotti a lungo, in modo tale da sciogliere il collagene e ammorbidire così la carne, come avviene per lo spezzatino e i tagli da bollito.

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