Non saranno in molti a sapere che nella provincia di Pordenone esistono addirittura due ristoranti che da anni continuano ad ottenere il riconoscimento della guida rossa Michelin per la qualità dei piatti proposti .

Con una stella Michelin, il ristorante la Primula si trova a San Quirino, a metà strada fra Pordenone e Aviano, in quel territorio caratteristico che sono i Magredi, prati sassosi dove solo la cocciutaggine friulana poteva far crescere qualcosa. La famiglia Canton offre ai suoi ospiti una cucina basata sui prodotti del territorio, riuscendo a legare tradizione e innovazione, abbinandola a una cantina che vanta circa 1600 etichette tra la tradizione vinicola italiana e quella estera.
Spostandoci a Pasiano troviamo poi il ristorante Cecchini, anch’esso insignito di una stella Michelin per le capacità tecniche del brillante chef Marco Carraro, la cui cucina innovativa rappresenta l’inesauribile voglia di stupire e di abbandonare i sentieri battuti per intraprendere gustosi percorsi nella creatività.
Ma quali sono nel dettaglio i requisiti che hanno portato questi due ristoranti del pordenonese al riconoscimento delle loro stelle Michelin?
I criteri d’assegnazione sono tanto semplici quanto precisi: gli ispettori si siedono a tavola, consultano la carta e di solito scelgono prima un piatto che consenta la verifica della qualità delle materie prime usate, poi un piatto più complesso, per constatare le capacità tecniche dello chef. Di solito gli assaggi si basano sulle canoniche quattro portate, sempre e rigorosamente à la carte. Così, più si sale nella scala più il contenuto del piatto deve essere perfetto, equilibrato, curato nei minimi dettagli, fino a un massimo di tre stelle.
Qualità delle materie prime, tecnica della preparazione, equilibrio fra gli ingredienti e creatività dello chef sono quindi gli elementi principali nella valutazione dei piatti, ma il fattore ambientale non viene certo dimenticato. Dopo l’assaggio dei piatti infatti, gli ispettori procedono alla compilazione di un modulo in cui valutano la location, il servizio e il comfort. In questo caso le variabili da giudicare sono davvero tante: l’affollamento, gli arredi, l’atmosfera, la carta dei vini, qualsiasi dettaglio, compreso i saluti dei camerieri e la disposizione dei bicchieri in tavola. Tutti questi elementi incidono sull’assegnazione delle forchette, in una scala da uno a cinque, del tutto indipendente da quella delle stelle. Un ristorante tre volte stellato per la qualità della sua cucina può infatti avere una sola forchetta per il servizio, così come una location da cinque forchette può avere una sola stella per la cucina. Come affermano gli stessi ispettori, “le stelle sono nel piatto”.
Nel giudicare però i ristoranti di cui sono ospiti, gli ispettori sono alla costante ricerca della perfezione, secondo un atteggiamento tipico francese. Ed è proprio questa la critica che molti muovono alla guida rossa: un approccio al cibo e ai ristoranti troppo legato a un ideale di cura formale e tecnica, difficilmente applicabile fuori dalla Francia.
Le parole di Frank Bruni, famoso ex critico gastronomico per il New York Times, sono significative in questo senso:

“Quando vivevo a Roma la guida Michelin non era, in verità, molto d’aiuto. Le tipologie di ristorante che la Michelin segnala in Italia hanno sempre qualcosa di fastidiosamente francese”.

In effetti nelle varie guide vengono spesso privilegiati ristoranti con una cucina di scuola tipicamente transalpina e con un ambiente decisamente lussuoso.
Il fatto è che “a Parigi hanno un’immagine dell’Italia leziosa e datata: per loro il nostro è il paese delle mamme in cucina, delle trattorie a conduzione familiare, del vino fatto in casa”, come spiega il giornalista Giacomo Amadori. Non è inoltre tenuta in grande considerazione, aggiungiamo noi, la cultura gastronomica regionale.

È facile a questo punto domandarsi il valore reale delle stelle Michelin. Sicuramente un riconoscimento di fama internazionale alla tecnica e alla qualità delle portate proposte, che catapultano i fortunati ristoranti nell’Olimpo della ristorazione, ma analizzate secondo metri e gusti a volte lontani da quelli locali.
Nonostante tutto però, l’Italia vanta un totale di 329 stelle riconosciute, collocandosi al secondo posto nel mondo, ironia della sorte dopo la Francia.

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