Il Carnevale è sicuramente uno dei momenti che tutti noi, da piccoli (e non solo), attendevamo di più durante l’anno, non solo per vestirci “in maschera” e per partecipare alle sfilate dei carri, ma anche per osservare le nostre nonne far cadere delle palline di impasto nell’olio bollente e soprattutto per gustare quelle delizie ancora calde. La regina dei dolci veneti: la frittella o meglio, la fritola.

L’origine è antichissima e venivano preparate e servite lungo le calli veneziane dai fritoleri, i quali divennero talmente influenti da dar vita, nel 1600, a una corporazione formata da settanta componenti, ognuno con una propria area dove poter preparare e vendere le frittelle, con l’obiettivo di difendere la tradizione e tramandare la ricetta di padre in figlio. Le frittelle tanto importanti durante il periodo della Repubblica Serenissima che vennero elette “dolce nazionale” per eccellenza.

La ricetta, che rappresenta la più antica testimonianza della gastronomia veneziana, appare per la prima volta in un documento del 1300, conservato nella Biblioteca Nazionale Catanese di Roma e nella seconda metà del ‘500, il “cuoco secreto di Papa Pio V”, pubblicò nel suo libro, “L’arte del cucinare”, la ricetta delle frittelle alla veneziana. Le menzioni più interessanti, tuttavia, non si trovano nei libri di gastronomia ma nella commedia “Il Campiello”, scritta da Carlo Goldoni nel 1756, la cui protagonista, Orsola, è proprio una fritolera, e nel quadro di Pietro Longhi, intitolato “La venditrice di fritole”, che immortala una donna intenta a vendere questo “boccon da poareti e signori”.

Inutile dire che sappiamo com’è andata a finire: questo dolce è talmente buono che si è diffuso oltre i confini del Veneto, arrivando fino a Milano, e ne esistono numerose versioni, da quelle classiche a quelle ripiene con creme di zabaione, chantilly e cioccolato. Per questo motivo non vi dirò la ricetta storica, quella del 1300, ma quella originale di mia nonna.

 

Ingredienti per circa 40 frittelle:

  • 2 uova intere
  • 500 g di farina 00
  • 200 ml di latte tiepido
  • 100 g di zucchero
  • 20 g di burro ammorbidito
  • 130 g di uvetta sultanina
  • 30 g di pinoli
  • 40 g di lievito di birra
  • 1 bicchierino di grappa bianca
  • 1 scorza di limone
  • 1 scorza di arancia
  • 1 pizzico di sale
  • 1 litro e mezzo di olio per friggere

 

Il primo passo è mettere a bagno l’uvetta nella grappa. Successivamente intiepidire il latte e far sciogliere il lievito di birra sbriciolato. In una planetaria mescolare la farina, lo zucchero e le scorze di arancia e limone grattugiate, poi al centro versare il latte, le uova e il burro. Impastare a bassissima velocità e quando l’impasto sarà omogeneo versare l’uvetta, insieme alla grappa, e i pinoli e impastare ancora per qualche istante. Il risultato sarà un impasto omogeneo e piuttosto appiccicoso. A questo punto trasferire il tutto in una terrina, coprirlo con della pellicola trasparente e metterlo a lievitare in forno con la luce accesa per circa un’ora.

Passata l’ora, mettere l’olio per la frittura (come quello di semi di arachide) in una pentola dai bordi alti a fuoco medio/basso. Quando sarà caldo (la temperatura ideale per fritti non unti è di 160°C) formare le frittelle con l’aiuto di due cucchiai e friggerle poche per volta, farle dorare per bene da un lato e poi girarle, scolarle su carta paglia e rotolarle nello zucchero semolato.

Consumate il giorno stesso sono ottime, ma possono essere conservate in un contenitore ermetico, intervallando i vari strati di frittelle con carta paglia, anche se sicuramente, data la bontà, la loro sarà una vita breve!

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