Il boom della birra che ha interessato l’Italia nell’ultimo decennio, oltre a determinare la nascita di nuovi birrifici e microbirrifici, ha innescato anche la volontà di riportare alla luce delle realtà storiche che sono state dimenticate, o quasi, per molti decenni. Un esempio è Theresianer.
Il birrificio storico Theresianer, quello riportato in etichetta come “Antica Birreria di Trieste”, nasce nel 1766, nel Borgo Teresiano di Trieste, per volontà di mastri birrai austriaci e grazie alla concessione della licenza da parte dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Fu il primo birrificio austriaco in territorio italiano e in etichetta si possono osservare i tre elementi che legano la birra al territorio e ci raccontano, in parte, la sua storia: la bandiera austriaca, la bandiera italiana e, infine, la lanterna di Trieste.
Dell’evoluzione di questa azienda si sa ben poco. Dall’anno di fondazione bisogna fare un salto temporale di più di 200 anni, fino al 2000, quando è stata acquisita dal gruppo Hausbrandt (azienda triestina specializzata nella produzione di caffè) sotto la guida di Martino Zanetti. Oggi entrambe le sedi sono situate a Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso, nonostante ciò mantengono il riferimento alla città natale: Trieste.
L’attenzione per gli ingredienti, genuinità e tradizione sono gli impegni di Theresianer, tanto che segue ancora la più antica legge del settore alimentare, ovvero l’“Editto di Purezza” di Duca Guglielmo IV di Baviera, del 1516.
Tutto ha inizio dall’attenta selezione delle materie prime. Acqua, proveniente dalle fonti dolomitiche, malto ottenuto principalmente da orzo coltivato in Baviera, Franconia e Inghilterra e luppolo. I lieviti utilizzati sono S. carlsbergensis, come vuole la tradizione mitteleuropea, e S. cerevisiae tipico delle birre di stile belga e delle ale inglesi.
L’orzo deve essere trasformato in malto, ovvero il corpo della birra. Perché ciò avvenga viene posto a macerare in acqua e fatto germogliare e, successivamente, essiccato e macinato. Poi viene amalgamato con gli altri ingredienti e seguono le fasi di ammostatura, cottura, fermentazione e stagionatura che permette alla birra di esprimere al massimo i suoi aromi. Prima dell’imbottigliamento viene filtrata (non tutte), mentre per quanto riguarda la pastorizzazione non ci sono indicazioni in etichetta.
Le tipologie di birre prodotte sono 8, da quelle a bassa fermentazione come la lager, la pils, la vienna e la bock, alle birre ottenute con una temperatura di fermentazione più alta tra le quali ci sono la IPA, la pale ale, la strong ale e la wit, ispirata alle bianche belghe, dette blanche. A queste tipologie si aggiungo la birra invernale “Winter Beer” e un distillato di birra “Bierbrand”.
Con i suoi 40 mila ettolitri prodotti annualmente difficilmente può essere considerato un birrificio artigianale, visto che mediamente la produzione di questi si aggira sui 1.000 ettolitri annui, solo alcuni sfiorano i 10.000. Più probabilmente può essere considerato un piccolo birrificio industriale, anche se si discosta dal panorama commerciale italiano per la grande varietà di birre prodotte. Nonostante i 200 anni di mistero e la domanda spontanea che potrebbe venirci in mente “che fine ha fatto l’antico birrificio di Trieste?”, la certezza è la grande tradizione birraia di origine mitteleuropea, poi ampliata secondo i gusti di Martino Zanetti, che è stata tramandata fino a oggi. Non resta che riscoprirla in una delle sue birre.
Classe ’91, nato a Conegliano e laureato in Viticoltura ed Enologia all’Università di Padova. Le sue passioni sono il mondo del cibo e del vino e tutto ciò che è innovazione e tecnologia. La pizza e i film sono il suo unico credo, la musica è sempre in sottofondo. Sogna di: viaggiare e mangiare.