Tante le curiosità nella storia di Pordenone: in epoca medievale, ad esempio, entro le mura si era in Austria, fuori nella Repubblica di Venezia. Una situazione questa che durò per parecchio tempo, fino al 1508. E’ una data fatidica perché da quel momento la città non sarà più nelle mani dei duchi e dei marchesi austriaci, ma in quelle di un certo personaggio, recentemente tornato alla ribalta in una fortunata serie di videogiochi.

Può sembrare assurdo ma è così: la piccola Pordenone “vanta” un suo personaggio storico nella serie Assassin’s Creed. Nel secondo capitolo, il protagonista Ezio Auditore si trova a Venezia: in una missione in cui il doge templare Silvio Barbarigo ha preso il controllo di uno dei sestrieri della Serenissima, l’assassino dovrà liberare dalla prigionia un rozzo ed estroverso mercenario in grado di aiutarlo nella battaglia contro il nemico. Costui è Bartolomeo d’Alviano.

Bartolomeo, a seguito delle vicende del secondo Assassin’s Creed, diventa un preziosissimo alleato di Ezio anche a Roma, nel combattere il capo templare papa Alessandro VI, alias Rodrigo Borgia: in Brotherhood sono le sue truppe mercenarie ad assaltare l’accampamento francese del comandante Octavien de Valois, successivamente al rapimento da parte di quest’ultimo della moglie di Bartolomeo, Pantasilea Baglioni.

Il videogioco naturalmente non rispecchia la realtà dei fatti. La stessa rappresentazione di Bartolomeo d’Alviano è molto libera (famosa è Bianca, la sua spada preferita, trattata quasi come fosse un cavallo), pur traendo qualche spunto dal personaggio storico realmente esistito. Tanto per cominciare, egli era veramente un mercenario, al soldo prima dello Stato della Chiesa, poi della Repubblica di Venezia. Già signore d’Alviano, classe 1455, aveva partecipato alla guerra tra la stessa Venezia e i duchi d’Austria, conquistando Pordenone per ben due volte. La Serenissima, come ricompensa, gli aveva concesso la signoria sulla città che da quel momento non sarebbe più stata austriaca.

Le vicende della vita di Bartolomeo sono molto affascinanti e si riassumono in molteplici battaglie al soldo di sovrani e repubbliche, ma molto di più sono i dettagli che riguardano il suo controllo su Pordenone. Va detto però che la seconda volta in cui la città venne espugnata, Bartolomeo non fu tanto clemente: una volta entrato

“… [i suoi uomini] sachezareno (saccheggiarono) perfino le Giese (Chiese) et amazareno gente in Giesia et violarono femine assai.”

La signoria di Bartolomeo sulla città portò però alcuni benefici: da buon militare, fortificò le mura con dei cannoni prodotti dalla sua famiglia, talmente efficienti da essere richiesti dal papa Alessandro VI e da suo figlio Cesare Borgia; sotto di lui si svilupparono le prime industrie cittadine, riguardanti non solo la filatura della lana ma anche della carta, di buona qualità, la cui produzione continuò fino al 1800.

Si migliorarono le rogge e i canali, una vera fissazione per Bartolomeo che li voleva sempre ben mantenuti, data la loro utilità nel trasporto di tronchi, merci e persone da e per Venezia, tramite il Noncello e il Meduna. Non solo: il signore d’Alviano aveva fatto in modo che i canali circondassero le mura della città, come ulteriore misura di fortificazione. Purtroppo buona parte di queste vie d’acqua oggi sono state interrate.

Infine importante novità fu la fondazione dell’Accademia Liviana: una scuola d’arte, nella cui insegna vi era il simbolo del Noncello, certamente non paragonabile alle controparti nel resto d’Italia ma che diede spazio a molti artisti. Tra tutti un amico di Bartolomeo, nonché novello pittore, Antonio de Sacchis, altrimenti noto come Il Pordenone. Rivale di Tiziano, i suoi affreschi sono diffusi in tutto il Nord Italia, da Venezia a Genova a Cremona, nonché in città e nel pordenonese.

La signoria dei d’Alviano non durò molto: scomparso Bartolomeo nel 1515, fu il figlio Livio a governare la città, dapprima concedendo alcune libertà di governo, diventando poi più serio nella gestione della città al punto da non venire ben ricordato dai pordenonesi. Con la sua morte nel 1537 Pordenone passa sotto il controllo definitivo di Venezia, restandoci fino a Napoleone.

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