Quello che non sopporto dei critici letterari è la pretesa di grandezza con cui confondono il personale con l’assoluto: si divertono a trasfigurare la propria claudicante soglia d’attenzione, adducendola ad uno scarso magnetismo nella struttura narrativa; soffocano ogni ribellione stilistica corazzati da una strana forma di conformismo reazionario; nemmeno si sforzano troppo, nel celare l’assenza di ogni lume d’originalità sotto la cupola un linguaggio fintamente anticonvenzionale, ma che in verità appartiene ad un filone giornalistico – vedi VICE – che minimamente sospetta che l’autoreferenzialità non sia più cool da almeno un lustro. Puntuale esempio di quanto scritto sopra, la recensione del blog Holden&Company di La fortuna dei Wise, il romanzo d’esordio di una delle promesse della letteratura americana, ovvero Stuart Nadler, già autore della raccolta di racconti Nel libro della vita.
Il romanzo, che confluisce nell’ipertrofico calderone dei di-formazione, narra essenzialmente la storia di un puzzle di uomini al confine: emarginata e ghettizzata è la popolazione afroamericana, negli ancora ottusamente pallidi Stati Uniti della seconda metà del secolo scorso; classista e snob è la famiglia Wise, tipicamente parvenu; solitario il figlio, protagonista e voce della narrazione, melancolico sarto di uno strappo aperto dall’implodere di incomunicabili, inconfessabili solitudini.
Lo strappo giunge, tuttavia, strisciando immerso in un fitto sottobosco. Quando Arthur Wise, avvocato dallo scarso successo, si trova protagonista di una class action intentata ad una compagnia aerea, l’opportunità per riscattare il destino della propria vita lo attrae: il benessere acquisito ammalia, stringe e avvolge in un claustrofobico antro degli affetti, in cui il figlio Hilly non può essere ammesso. Il piccolo si trova allora ad orbitare attorno ad un astro appartenente ad una sistema estraneo, punteggiato dalle aspirazioni strozzate e dalle velleità artistiche del tuttofare nero Lem Dawson e dalla fiera vividezza di sua nipote, Savannah. Saranno le tensioni razziali, responsabili di un addio racoroso, ad inaugurare la lunga stagione di privata guarigione, inseguimento e redenzione: Hilly diverrà reporter, seguirà con attenzione la questione della lotta per i diritti civili. La sua lotta personale sarà affidata nuovamente a Savannah, all’ammenda.