Cosa porta ancora a parlare di Pasolini dopo tutti questi anni ma, soprattutto, dopo che tanto/troppo è stato già scritto o mostrato? Chissà quanto ha pensato a questa domanda Abel Ferrara nel realizzare il suo Pasolini, sta di fatto che la sua urgenza nel raccontare le ultime 48 ore prima della tragica morte dell’artista italiano, suggerisce che c’è ancora bisogno di non dimenticare. Non dimenticare gli insegnamenti e le profetiche parole di Pasolini, cosa banale da dire, che ancora risultano attuali, non dimenticare l’uomo Pasolini mitizzato da morto ma in realtà uno di noi, non dimenticare che la cosa fondamentale è che con la sua morte il mondo ha perso un grandissimo artista. Su questo si focalizza l’ultima opera di Ferrara, dimostrare che Pasolini aveva ancora tanto da donarci, sia come pensiero politico e sociale, sia come letteratura e cinema. L’operazione ferrariana potrà risultare inutile e banalmente “ovvia” ai più, ma rivela la voglia di narrare le gesta di un rivoluzionario come oggi non se ne vedono più, una vera figura carismatica che avrebbe potuto mutare le sorti del nostro povero Paese. A Ferrara non interessa indagare sulla morte di Pasolini, troppi ci hanno già complottato a vanvera, interessa invece confutare il fatto che non sia stata una morte cercata ma che è il frutto di una accidentale situazione, carica sì di “ingenuità”, ma epocale. Grazie ad una mimesi totale di Willem Dafoe e ad una regia ruffiana in senso buono, Pasolini ci accompagna per mano a conoscere la quotidianità di un uomo che, seppur circondato da tanto amore e tanta gente, era solo e “incompreso”. Una figura che riuscì a scollegarsi da un’omologazione intellettuale, che viveva la strada e scendeva tra la gente senza pregiudizi o paure. Ferrara ci restituisce i suoni, i profumi e i colori di un’epoca nera per la Storia italiana, ma magica per il pensiero intellettuale ma non elitario. Un film potente, affascinante, ambiguo e quasi grottesco nella sua rappresentazione volutamente caricaturale della realtà, ma che ti entra dentro come una lama che lentamente di dissangua, per condurti alla fine di un viaggio in cui tutti restiamo un po’ vuoti.

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