La sezione delle Riscoperte e Restauri delle Giornate ieri ha dato spazio al cinema italiano con la proiezione de “La statua di carne“, libero rifacimento dell’omonima opera drammatica di Teobaldo Ciconi, diretto da Mario Almirante e dalla FERT torinese.

La sua data di uscita corrisponde al 1921, quando l’appellativo designato al genere di lungometraggi melodrammatici era “cinema in frac”, in riferimento all’ambiente sociale dell’alta borghesia, in cui si tessevano trame amorose a dir poco idealizzate e improbabili. Ma “l’amore mio non muore!” di Mario Caserini fu il prototipo di film che segnò la tendenza a costruire di un mondo irreale, in cui la mondanità, così estranea agli spettatori del cinematografo, si vestiva di intrecci sentimentali, di drammi e tradimenti al limite del patetico.

Pur rispettando questi schemi “La statua di carne” si differenzia per la messa a fuoco di un tema emblematico per l’antichità e per la contemporaneità, ovvero il rifiuto di elaborare la morte di una persona cara e il tentativo di trattenerla a sè o raggiungerla attraverso mezzi soprannaturali, come la discesa all’Ade nella letteratura antica, attraverso la preghiera in chiave cristiana,o il ricordo e la memoria in una prospettiva laica.

Un giovane nobile, interpretato da Lido Manetti, finge insieme ad un compagno dello stesso rango di essere povero e attrarre così una donna umile molto avvenente. Al principio della loro relazione, Maria ( Italia Almirante Manzini) muore a causa di uno shock, lasciando il nobile nello sconforto più assoluto. Dopo un periodo di solitudine incontra ad un ballo in maschera, al quale l’amico di vecchia data l’ha spinto a recarsi, una ballerina russa molto sfrontata e attraente, che assomiglia sorprendentemente a Maria. Noemi, interpretata sempre da Italia Almirante, risveglia in lui la gioia di vivere; tuttavia ella rappresenta solo una statua con le sembianze dell’amata, “un ricodo in carne ed ossa”…

La versione restaurata, che le Giornate avevano presentato anche nel 1991, ieri è stata arricchita dalla partitura commissionata dal comune di San Daniele nel 2013 per commemorare il 150esimo anniversario della morte di Ciconi, originario del nostro territorio, magistralmente eseguita da Juri Dal Dan al piano e da Didier Ortolan al clarinetto.

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