La città di Trieste conserva molti ricordi della sua storia. Alcuni di essi sono ben noti, altri un po’meno. Altri ancora sono frutto di storielle cittadine che raccontano di eventi mai accaduti. Tra tutte, una merita di essere raccontata: è una storia tutta particolare, certamente fondata ma difficile da indagare e che, per l’assenza di prove evidenti, ha generato un vero e proprio mito; la torpediniera del Canal Grande.

Nel 1917, in piena Grande Guerra, vennero ormeggiate nel Canal Grande di Trieste due torpediniere della Imperial Regia Marina dell’Impero austro-ungarico. La torpediniera, per definizione, è una nave relativamente piccola e veloce progettata per lanciare siluri (detto anche torpedine, da cui il nome) contro navi di superficie di dimensioni maggiori, come le corazzate e altre navi pesanti e potentemente armate, sfruttando la sua maggiore velocità ed agilità. Lunghe dai 30 ai 50 metri, armate con tre lanciasiluri e con piccoli cannoni, erano propulse da motori a vapore e potevano raggiungere velocità comprese tra i 20 ed i 30 nodi (dai 37 ai 56 km/h). Dato il basso costo di produzione, esse potevano essere acquistate in grandi quantità permettendo incursioni in massa.

Alla fine del conflitto, una di esse era stata abbandonata sul posto con un motore completamente in avaria e per alcuni anni era rimasta a subire le intemperie, arrugginendo e affondando di fianco. I bambini di allora, che ci giocavano sopra, la chiamavano  “el sotomarin” appunto perché ricordava nella forma quella di un sottomarino. Queste le informazioni principali e più note. Ma circa la sua storia, cosa sappiamo? Come si chiamava realmente? E soprattutto: il suo destino finale è verità o semplice leggenda metropolitana?

Sembra quasi di seguire un indagine poliziesca, con scarse prove e altrettanto poche testimonianze. Proviamo allora a mettere insieme le informazioni che abbiamo, a partire dal nome. In un libro del 1984 intitolato “Die Torpedoboote der K.u.K Kriegsmarine von 1875 – 1918” (tradotto: Le torpediniere dell’Imperial Regia marina militare 1875-1918) sono riportate tutte le varie torpediniere austriache, con relative informazioni e destini finali. Di tutte quelle che parteciparono alla guerra- 132 in totale- si conosce la fine che hanno fatto: radiate, smantellate, cedute come bottino di guerra, affondate… Tutte tranne una.

Alla fine del 1885 i fratelli Georg e August Studthoff, industriali austriaci fondatori del gruppo cantieristico CNT- STT, avevano costruito in proprio, presso lo stabilimento sociale di San Rocco una torpediniera da proporre alla I.R. Marina, come prototipo di classe per la costruzione in serie di altre unità gemelle. Malgrado le prove ottimali di collaudo il Seebezirkskommando Triest- una sottosezione della Sezione Marittima dell’Impero–  rinunciò alla commessa e non se ne fece nulla; l’unità rimase inutilizzata in carico al cantiere.

Dopo la morte dei fratelli, gli eredi, per disfarsi del mezzo e rientrare in parte delle spese, nel 1898 cedettero lo scafo alla k.k. Küstenlandische Finanzdirektion Triest- praticamente la Guardia di Finanza austro-ungarica di Trieste-, che lo modificò per poterlo inserire nella sua flotta. Il battello entrò in servizio per il pattugliamento costiero prendendo il nome di “Adria”. Il 21 maggio 1915, quasi fosse in previsione l’ingresso in guerra dell’Italia, avvenuto solo tre giorni dopo, fu dislocato a Pola, base della marina imperiale, come “tender des Seeverteidigungskommandos” ossia come nave di appoggio al comando della difesa marittima.

Ed ecco la cosa curiosa: sulle sorti della torpediniera e sulla sua località di permanenza dopo la fine della guerra non vi sono accertamenti e ulteriori notizie. Il fatto che questa sia la sola nave di cui non si conosce il destino può forse darci la possibilità che la torpediniera del Canal Grande fosse proprio l'”Adria”. Purtroppo, in assenza di una prova determinate, resta solo una supposizione.

Quale però il destino del relitto? Il mito vuole che, durante i lavori di interramento della parte finale del Canale, verso la chiesa di Sant’Antonio Nuovo, fatti nel 1934, la torpediniera sia stata sepolta, utilizzando materiali di risulta che provenivano dalle demolizioni effettuate in Città Vecchia, nel punto esatto in cui ora sorge la fontana. Di questo fatto mancano le prove, mentre quelle che dimostrano il contrario sono ben evidenti: una foto d’epoca mostra la carcassa arrugginita della nave volta su un fianco e posta perpendicolarmente al Canale. In alcune successive, invece, una scattata prima dei lavori di interramento e una durante, essa non compare più.

Probabilmente, considerando l’epoca e data la scarsità di metallo, la nave sarebbe stata portata via per poter essere smantellata e riciclata altrove. Si potrebbe anche supporre in questo caso in un occasione prima del 1925, anno in cui il Ponte Rosso da mobile diventò fisso in muratura: infatti sotto di esso, ancora oggi, passano solo piccole imbarcazioni e solo con la bassa marea. Difficile quindi il passaggio di una torpediniera.

In sostanza, quello della torpediniera sepolta è assimilabile a una leggenda metropolitana. Ciò che sappiamo è che, sicuramente, dal 1918 al 1925, ci fu un relitto il cui nome, storia e destino sono tutt’ora ignoti. Chissà che in futuro, dagli archivi comunali o austriaci, compaia un qualche indizio decisivo utile a far luce su questa piccola curiosità, famosa per la leggenda ma al contempo dimenticata nei suoi particolari.

 

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