Qualche settimana fa, in occasione della Giornata della Memoria, in tutto il mondo si è ricordata l’immane strage dell’Olocausto, il genocidio della popolazione ebraica (ma anche di altre minoranze, come ad esempio la popolazione Rom) perpetuato dal regime nazista durante il secondo conflitto mondiale. Portare memoria di un avvenimento terribile come questo significa anche e soprattutto spiegarlo e farlo conoscere alle persone più giovani, ai bambini, insegnare loro che cosa è successo, mostrare che cosa (a livello di cultura e civiltà) è andato perduto in quella occasione. La memoria ha valore solo se accompagnata dalla conoscenza vera dei fatti, da una presa di coscienza di quello che è accaduto. Da questo deriva la necessità di riscoprire i luoghi dove gli eventi, anche se terribili, sono successi, come i campi di concentramento ma anche i musei nei quali sono conservate testimonianze tangibili di una realtà scomparsa e della cattiveria con cui essa è stata fatta sparire.
A Trieste, città in cui da sempre sono convissute culture, religioni ed etnie diverse, esiste un luogo poco conosciuto ma importante dov’è custodito il patrimonio storico di una minoranza che è stata (ed è tutt’ora) una delle più importanti e vive della città, quella ebraica: il museo “Carlo e Vera Wagner”, anche detto il museo della Comunità ebraica di Trieste. Esso è stato inaugurato nel 1993 e poi rimodernato nel 2014-15 (avvalendosi anche del contributo dell’Università degli studi di Trieste) e occupa due dei piani di un edifico (situato in via del Monte 5 e 7, nella zona del vecchio Ghetto) che, in passato, fu prima l’ospedale ebraico e poi, nei primi decenni del 1900, sede dell’Agenzia Ebraica, istituzione importante che permise a molti profughi di fuggire da tutta Europa verso la Palestina o le Americhe durante la guerra.
Gli spazi espositivi sono divisi per tematiche: al pianterreno, ad esempio si trova una sezione dedicata ai costumi, alle tradizioni religiose e alla storia della comunità ebraica di Trieste nella quale viene raccontata, con l’ausilio di pannelli esplicativi e di documenti originali di vario genere, la presenza ormai secolare degli ebrei nella città e il loro rapporto con le istituzioni e la società triestina, molto diverso a seconda del momento storico; si parte infatti dal 1226, data del primo documento che attesta la presenza di un insediamento ebraico nella città, fino ad arrivare al 1943, anno in cui i nazisti occuparono la città e diedero inizio alle deportazioni, passando però attraverso momenti fondamentali come l’istituzione del Ghetto nel 1600 (inizialmente situato in una zona periferica, venne poi spostato nell’area compresa tra piazza del Rosario, via delle Beccherie e la Portizza di Ribogo). Molto ben curata è la parte dedicata alla memoria degli scomparsi durante le persecuzioni nella seconda guerra mondiale: alle fotografie di alcune di queste persone è stata infatti affiancata la loro biografia e la loro storia personale nonché lettere o cartoline da loro scritte, riuscendo così a dare un volto reale, concreto ed empatico al disastro che è stato l’Olocausto. Inoltre è presente una raccolta di oggetti personali che i nazisti rubarono ai deportati e che nel 2000 vennero restituiti alla Comunità ebraica di Trieste, che decise di esporne buona parte nel museo.
Al primo piano, invece, si trova una grande sala dove sono ricordati coloro che sono stati i maggiori rappresentanti culturali della comunità triestina (ad esempio i poeti Umberto Saba e Rachele Luzzatto Morpurgo) a testimonianza della ricchezza e della vivacità di questa minoranza cittadina che tutt’ora, nonostante si sia drasticamente ridotta nel numero dei partecipanti (circa 600 persone), continua ad organizzare incontri e momenti di ritrovo (concerti, conferenze, ecc.) per valorizzare le tradizioni culturali ebraiche. Sempre al primo piano, nello stesso spazio, vengo anche spesso ospitate mostre temporanee con temi specifici e particolari: recentemente c’è stata un’esposizione di una serie di quadri di Andy Warhol in cui egli ritrasse, in una sorta di progetto artistico, numerosi volti di ebrei importanti nella società e nella cultura novecentesca.
Il museo, che merita sicuramente una visita, è aperto il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 10.00 alle 13.00 mentre il martedì dalle 16:00 alle 19:00 e il giovedì dalle 10:00 alle 16:00. Il prezzo base del biglietto è di cinque euro e sono previsti varie tipologie di sconti. Per qualsiasi informazione si può contattare la mail museumcarloeverawagner@triestebraica.it
Carlo Selan nasce a Udine nel 1996 e attualmente frequenta la facoltà di Lettere presso l’Università di Trieste. Attualmente, scrive e collabora per diversi blog e riviste di cultura come L’oppure, Constraint Magazine, TX2teatriudine, Digressioni, TamTam, ARGO – poesiadelnostrotempo.