La serata di giovedì inizia con una riscoperta. Parliamo del film francese del 1991 “La Rose Bleue”. La pellicola è stata donata a una scuola di restauro americana, e commissionata poi a una studentessa delle scuola stessa, che si è mostrata sul palco, raccontando il lavoro svolto. Insomma, quest’anno le Giornate del Cinema Muto sono internazionali a tutto tondo!

Il film, della durata di 9 minuti, di Léonce Perret, mostra due giovani innamorati che camminano in un giardino, mentre un bambino nelle vesti di Cupido taglia e sistema i fiori, portandoli con una carriola.

A parte alcuni fotogrammi, il lavoro di restauro è stato fatto fin nei minimi dettagli, riuscendo persino a recuperare parzialmente i colori che erano stati dati alla pellicola, per dare “vita” hai fiori, che, sotto la mano di Cupido, diventano blu.

Finito il film, improvvisamente veniamo scaraventati nelle tetre e nebbiose vie di Londra del primo ‘900.
Siamo nel laboratorio dell’unanimemente riconosciuto come il “il don Giovanni di Londra”: il dr. Jakyll, protagonista della pellicola, interpretato da John Barrymore. Veniamo subito colpiti da delle riprese al microscopio di un vetrino studiato dal dottore.

Già dalle prime scene si comincia a parlare dell’ambivalenza dell’anima umana: il male e il bene, che coesistono all’interno di ciascuno di noi.
Jackyll viene tentato, dopo essere stato deriso della sua bontà, e provocato dalla famosa frase di Oscar Wilde “L’unico modo per resistere a una tentazione è cedervi”, attraverso una pozione, a trovare un modo per separare le due nature dell’uomo, lasciando però intaccata l’anima.

Il resto della storia lo conosciamo tutti molto bene, ma particolare è l’interpretazione stilistica data da John Robertson, il quale incastona l’espressione dell’uomo portatore del libero arbitro tra ironia e cupezza.

L’espressività gioca un ruolo quasi da personaggio a sé all’interno dei 96 minuti della pellicola. Le facce delle persone parlano, comunicano ed esprimono quello che le parole impiegherebbero troppo a dire.

Intanto le note di Philip C. Carli ci accompagnano, riempendo il vuoto e la paura delle tenebrose vie della città e della notte, dato che non esistono scene che riprendano una luce diurna.

Così le luci si accendono, le persone applaudono e a noi rimane sospeso l’interrogativo di chi siamo veramente.

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