Generalmente, di solito, quasi sempre, in ogni paese sperduto in questa regione che è il Friuli – Venezia Giulia è dedicata una via a un tale Guglielmo Oberdan. Gli è dedicata a San Vito al Tagliamento, così come a Pordenone lungo lo stradone che porta gli studenti liceali dalla stazione a scuola e lo è persino qui a Trieste, città che gli diede i natali al martire irredentista. Per essere precisi, qui a Trieste, gli è dedicata una piazzetta, lungo la trasversale via Carducci, che collega le ben più importanti via Fabio Severo con via del Coroneo. Ovviamente, da buon provinciale, non so assolutamente chi fosse tale Guglielmo Oberdan, così come non ho mai capito perchè gli hanno dedicato così tante vie, in quasi tutto il nord est, al pari di Nazario Sauro.
L’1 febbraio 1858 nasce da una famiglia di estrazione popolare Guglielmo Oberdan, nato Wilhelm Oberdank perché sua madre era originaria di Sambasso (oggi la città slovena di Šempas) e non fu riconosciuto dal padre il quale – pare fosse un fornaio di Noventa di Piave – si era arruolato nell’Imperial regio Esercito austro-ungarico.
Nonostante le umili condizioni familiari, la madre infatti si sposò più tardi con un capofacchino del porto di Trieste, il giovane Wilhelm riuscì a continuare gli studi presso la Civica Scuola reale superiore di Trieste e nel 1877 ottenne la maturità tecnica. In questi anni inizia leggere molto e iniziò a frequentare i vari salotti letterari e politici di Trieste in cui maturava e approfondiva soprattutto il pensiero di Giuseppe Mazzini.
Nello stesso anno del suo diploma, grazie a una borsa di studio elargita dal suo comune natio, si iscrisse al Politecnico di Vienna e ben presto divenne una figura carismatica tra gli studenti italiani e polacchi che studiavano nella capitale imperiale.
Quando nel marzo 1878 l’Impero Asburgico occupò la Bosnia-Erzegovina, ricevette la chiamata alle armi e interruppe così gli studi. Wilhelm/Guglielmo decise però di disertare e lasciò di nascosto Vienna per giungere a Roma dove frequentò i movimenti degli ex garibaldini e degli irredentisti e proprio nella neo-capitale italiana, Guglielmo proseguì gli studi in ingegneria.
Studi che però fu costretto ad interrompere quando, proprio a pochi esami dalla laurea, lo Stato Italiano gli revocò il sussidio per aver pronunciato alcune opinioni contrarie contro il governo. E così, da quel momento, Guglielmo dovette iniziare a trovare espedienti per sopravvivere e per studiare: si inventò così traduttore dall’italiano al tedesco e pure disegnatore tecnico su committenza.
A un anno dal suo arrivo romano, nel luglio del 1879, Oberdan conobbe di persona Giuseppe Garibaldi e quando morì, nel 1882, marciò dietro il carro funebre con la bandiera triestina al collo, in segno di lutto. Nello stesso anno fonda l’associazione Italia irredenta che ha come fine ultimo l’annessione di Trieste al Regno d’Italia, a qualunque costo, persino della propria vita.
E fu così che, vedendo anche lo scoraggiamento dei suoi compagni esuli triestini a Roma, si convinse di organizzare un attentato contro l’Imperatore Francesco Giuseppe mentre visitava la città portuale, in occasione dei 500 anni di dedizione della città all’Austria.
Così Oberdan provò a trasportare da Roma a Trieste due bombe ma venne arrestato a Ronchi dopo che era stato fermato da un gendarme trentino per il suo ingresso clandestino in territorio austriaco.
Durante il primo interrogatorio, mentì sul suo nome ma in seguito confessò il suo intento di voler commettere un attentato nella città triestina. Non contento dell’arresto, Guglielmo si autoaccusò per provare a immolarsi e diventare così un martire. Cosa che ottenne quando nell’ottobre 1882 il tribunale imperial-regio decretò la sua pena capitale per impiccagione per altro tradimento, diserzione in tempo di pace, resistenza all’arresto e cospirazione, avendo confessato le sue intenzioni regicide.
Malgrado i numerosi appelli di grazia, tra cui dello scrittore francese Victor Hugo, la sentenza fu eseguita il 4 novembre 1882 nella caserma militare ora distrutta divenuta a noi Piazza Oberdan. E ora mi spiego anche perché quella fermata dell’autobus si chiama proprio così: Guglielmo venne impiccato proprio lì perché voleva Trieste italiana.

Pare che mentre il boia gli metteva il cappio al collo, Oberdan avesse esclamato: “Viva l’Italia, viva Trieste libera, fuori lo straniero!”. Subito dopo la sua morte, gli fu elevato il rango di martire e ciò portò ad aumentare le adesioni al movimento irredentista e la lotta contro la supremazia austriaca raggiunse il suo picco. Il poeta della nazione, Giosuè Carducci, scrisse un articolo contro l’imperatore in sua memoria.
Durante la prima guerra mondiale, la propaganda nazionalista e irredentista fece tesoro del suo sacrificio per ottenere il consenso nazionale e giustificare così l’interventismo bellico proprio per liberare Trieste.

Immagine: litografia “Impiccagione di Guglielmo Oberdan” 

Lascia un commento