Da friulano campanilista e provinciale, non ho mai avuto una grande simpatia per la città di Piazza Unità, della Barcola e che vuole sembrare una San Francisco in miniatura: i continui sali-scendi e le vilette particolari, l’odore e il sapore dei caffè che frequentavano gli amici triestini di Joyce, Svevo e Saba fanno tornare alla mente quella   città nella baia, dove nelle librerie, nei locali si incontravano i grandi della letteratura come Steinbeck e London, o i maestri della Beat Generation come il più grande di tutti: Jack Kerouac.
E proprio in questo clima di malinconia appassionata e di alienazione culturale che mi ritrovo a passeggiare per il lungomare di Trieste: finalmente non farò più salite inutili e faticose e mi godrò il mare del golfo di Trieste che sta prendendo lo stesso colore del cielo. Con la luce naturale supero L’Audace e mi ritrovo dalla Riva del Mandracchio alla Riva Nazario Sauro, il quale, immagino, deve aver fatto qualcosa di importante perché gli sia dedicato una strada del genere. Ma distolgo le mie riflessioni e ammiro il cielo che ormai è diventato tutt’uno col mare. Proseguono i miei tarli letterari e mi perdo a immaginare che cosa avrebbe scritto d’Annunzio se avesse vissuto a Trieste negli anni successivi alla presa di Fiume. Rimango però ancora distratto sul nome di quel personaggio a cui era dedicata quella riva.

Chi diavolo era Nazario Sauro? Leggo la targa della via: “Riva Nazario Sauro/ Patriota Italiano (1880-1916)”. Dunque, il solito patriota tanto celebrato quanto dimenticato morto durante quella guerra  considerata la IV guerra d’indipendenza o, più volgarmente, la Prima Guerra Mondiale. Ma la compagnia non mi segue e io mi sento costretto a seguire  i discorsi della combricola  con cui vado a bere in Piazza Unità.
La serata giunge al termine. Mi sono divertito, ma non troppo: generalmente le mie uscite con gli amici non mi danno tranquillità; odio la routine quotidiana e quelli che si scaldano parlando di calcio o di politica: mi limito a fare – come sempre – l’arbitro della disputa senza dare opinioni: di fronte a persone che ragionano per slogan e per sentito dire è inutile provare a dare le proprie opinioni, perché di quello si tratta: opinioni.

Torno a casa abbastanza stanco e soddisfatto delle bevute, mi prometto che il giorno dopo avrei fatto un’indagine su questo tizio. Mi sveglio, faccio quello che devo fare e mi ritrovo a digitare il suo nome sul motore di ricerca. Trovo il sito loppure.it che mi descrive tutto quello che ho provato ieri passeggiando per la Riva Nazario Sauro. Immagino che sappiano della mia esistenza, che mi abbiano seguito e che –  non so perché –  sanno anche ciò che al momento mi cruccia: “Chi era Nazario Sauro? E perché gli hanno dedicato una Riva qui a Trieste?” così vengo a sapere chi era:
Nato a Capodistria nel 1880 frequentò gli studi ginnasiali e in quegli anni iniziò  ad appassionarsi alla navigazione. Il suo carattere ribelle e i suoi non ottimi risultati scolastici indussero il padre a ritirarlo dal Ginnasio e a portarlo con sé a bordo delle navi. Inizia così la sua gavetta da marinaio che lo porta, a inizio del nuovo secolo, a essere comandante di navi mercantili.
Il giovane Nazario si iscrive così alla scuola nautica di Trieste, ottenendo il diploma. Nel 1910 passa al servizio della  Compagnia di navigazione Capodistriana facendo la spola tra la sua città natale e quella adottiva. Ha  la possibilità poi di fare trasporti più lunghi raggiungendo  Ancona e Bari;  proprio durante le navigazioni nel mare Adriatico inizia a farsi le prime amicizie di irredentisti giuliani iniziando a studiare le coste dalmate informandosi sulle difese militari marittime austriache, sostenendo attivamente la causa indipendentista albanese.
Di formazione socialista, abbandona i principi internazionalisti avvicinandosi alla democrazia sociale mazziniana che vedeva nella guerra non solo una soluzione nazionale per le terre istriane e trentine, ma maggiori sviluppi democratici in tutta Europa.

Conosce così  altri triestini irredentisti: Scipio Slataper, i fratelli Carlo e Giani Stuparich, Gabriele Foschiatti e l’istriano Giuseppe Pagano Pogatschnig. Proprio con loro  consolida quel patriottismo che lo porterá a dare la vita perché la Venezia Giulia, l’Istria e la Dalmazia diventino regioni italiane.

Appena scoppiata la guerra dell’Austria-Ungheria contro la Serbia, Nazario lascia la sua città natale stabilendosi a  Venezia dove conosce molti altri esuli istriani e sostiene la campagna interventista  contro gli Imperi Centrali.
Battuta la causa pacifista, propone ai generali sabaudi di  fare uno “sbarco alla Pisacane” in territori giuliano-dalmati compiendo anche  una serie di azioni di spionaggio ai danni degli austriaci.
In soli 14 mesi di attività, Nazario compì oltre sessanta missioni:  fu impiegato come pilota a bordo di piccole torpediniere nelle coste istriane e nei canali dalmati dove gli austro-ungarici mettevano le loro navi. Quando poi i quadri militari italiani cambiarono tattica, cercando attacchi nei porti austriaci, Sauro verrà imbarcato sulle navi e sui sommergibili compiendo azioni di forza nei porti di Trieste, Sistiana, Monfalcone, Pirano, Parenzo e Fiume.
Il 30 luglio 1916, entra in un sommergibile  per effettuare un attacco a Fiume. Spostato improvvisamente dalla corrente, l’unità andò a incagliarsi sullo scoglio della Galiola all’imbocco del golfo del Quarnero. I tentativi di disincaglio furono vani: fu predisposto l’autoaffondamento e il sommergibile venne abbandonato dall’intero equipaggio, Sauro viene fermato dagli austriaci e fatto prigioniero.
Dalla cattura si passa così al processo. Sostenne la sua falsa identità di Nicolò Sambo ma venne riconosciuto da alcuni suoi concittadini. Condannato alla pena di morte per alto tradimento tramite impiccagione, trovò la morte nelle carceri militari di Pola il 10 agosto 1916.
La notizia della sua morte giunse solo dopo 18 giorni e Gabriele d’Annunzio lo elevò a Martire. Ora il suo corpo riposa al Tempio Votivo del Lido di Venezia, dove è stato traslato nel marzo 1947, esule come molti istriani che erano stati cacciati dalla Jugoslavia di Tito.

Così scopro che Nazario Sauro, malgrado tutto, è morto anche per me, perché io potessi studiare a Trieste da italiano e da europeo. Scopro che se  Cadorna e i suoi avessero ascoltato maggiormente i suoi consigli, forse Caporetto e tutti quei morti non ci sarebbero stati. Scopro che tutto sommato avere degli ideali e dei principi per cui credere è una gran bella cosa e che io non credo di dare la vita per i miei ideali, almeno adesso.

Non so se sarei in grado di comprendere quel periodo storico, così come non so se riesco a comprendere veramente quello che Sauro ha compiuto per noi; così come non riesco a capire come mai Nazario Sauro, sia riuscito a farsi ammazzare per un’Italia Unita. Non so se farebbe lo stesso adesso, un secolo dopo il loro martirio, vedendo il tutto. No so. Quello che so di certo è che sono un codardo e che non ha ancora trovato l’ideale per cui dare la vita.

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