Si mangjave ce che al jere“, ovvero “si mangiava ciò che c’era”. Ecco il detto che unisce le tre culture del mangiar friulano, la cultura del maiale, la cultura della zuppa e la cultura del burro. Queste tre culture sono proprio accomunate dal fatto che sono nate per lo stesso motivo, portando nelle tavole dei friulani alimenti che ci sono sempre stati, che non costano molto e soprattutto che sfamano e hanno sempre sfamato moltissime persone nella storia del Friuli.
Non solo cucina casalinga, però: questi ingredienti non coincidono o non coincidevano sempre con i cosiddetti “avanzi”! Queste tre culture costituiscono la base della cucina friulana e la maggior parte dei piatti più famosi ne vengono ampiamente influenzati.

Le tre culture, tuttavia, ci aiutano a capire che non si può parlare di cucina friulana bensì di più cucine che convivono insieme. La cultura gastronomica regionale non è fra le più uniformi e omogenee; abbiamo visto, infatti, come passando semplicemente da provincia a provincia i piatti più tipici possono cambiare drasticamente anche rimanendo all’interno della medesima cultura: pensiamo alla cultura del maiale e prendiamo come esempio il prosciutto più tipico della provincia di Trieste, il prosciutto cotto “Masè”, che sappiamo essere decisamente più rustico e con un sapore deciso rispetto al delicato e prelibatissimo prosciutto crudo di San Daniele celebre della provincia di Udine.

Le cucine friulane, se così dobbiamo identificarle, sono comunque molto affermate anche a livello nazionale e costituiscono un grande valore per la storia e le tradizioni regionali. Si pensi che quando fu inventata la stampa in Europa (nella seconda metà del ‘400), il primo libro che si stampò nel territorio coincidente con la nostra odierna regione fu proprio un libro di cucina, “L’opuscolo della cucina onesta e della buona salute” di Bartolomeo Sacchi, stampato nel 1480.

La gastronomia del Friuli-Venezia Giulia è quindi uno dei fiori all’occhiello della nostra regione, tanto che alcuni prodotti nostrani vantano alcune certificazioni. In regione infatti sono presenti 4 prodotti DOP (Denominazione di Origine Protetta), il prosciutto di San Daniele, il formaggio Montasio (nella foto), l’olio extravergine di Trieste denominato  Tergeste e la brovada, e un prodotto IGP (Indicazione Geografica Protetta), il prosciutto di Sauris. Costituiscono delle vere e proprie eccellenze regionali, di cui tutti noi dobbiamo andare sicuramente orgogliosi. Legare a questi prodotti a dir poco speciali i nomi delle località da cui provengono contribuisce infatti sicuramente ad aumentare la loro preziosità e il loro valore.

La domanda però sorge spontanea dopo tutte queste argomentazioni: come mangiano oggi i friulani? Non dobbiamo infatti confondere il “mangiar friulano” con “il mangiare dei friulani”. Se tralasciamo i piatti tipici e tutte le prelibatezze che possono costituire i simboli della gastronomia regionale, infatti, possiamo concentrarci su cosa effettivamente mettono in tavola gli abitanti della nostra regione al giorno d’oggi. Analizzando le tre culture che vi abbiamo proposto si può saltare a un paio di conclusioni. “Gastronomicamente parlando” si può affermare che il friulano non si fa mancare niente in tavola. Quando si mangia si sta bene, e nella nostra regione si mangia molto bene. Le tavole infatti sono influenzate da delle cucine ricche e abbondanti, dove la tradizione la fa da padrone e mette il naso anche nei piatti leggermente più fuori dagli schemi. Oggi comunque possiamo osservare anche come le portate per così dire “ordinarie”, primi o secondi piatti, stanno scomparendo, per far spazio a piatti unici, dove le tre culture del maiale, della zuppa e del burro si fondono insieme anche ad altri elementi creando una cultura gastronomica versatile, ricca e allo stesso tempo attaccata alla storia e alle tradizioni.