Risposta: per una questione di carte, diritti e proprietà.
Quando il 5 maggio 897 il re d’Italia Berengario I firmò un diploma a favore del vescovo di Padova, datandolo dalla “Naones, corte regia”, probabilmente non immaginava di consegnare alla storia la prima citazione documentaria di Pordenone. Eppure è proprio da questa formula che parte la ricostruzione delle origini giuridiche e territoriali della zona.
Definire un luogo corte regia non era un semplice titolo onorifico. Significava che quel territorio non ricadeva sotto la giurisdizione ordinaria di un conte, ma sotto quella diretta del re. In altre parole, Pordenone e il suo circondario erano terra della corona, gestite e amministrate con regole speciali. Questo status privilegiato aveva radici antiche, probabilmente risalenti almeno al VI secolo, quando – come racconta lo storico longobardo Paolo Diacono – le terre fiscali furono divise tra i duchi e il sovrano.
Essere corte regia significava godere di vantaggi economici. Questi territori potevano ospitare mercati e fiere sotto la protezione del banno regio, cioè con esenzioni da dazi e garanzie per i mercanti. La corte diventava quindi un centro economico privilegiato, capace di attirare operatori e commerci. Non sorprende che proprio lungo queste vie d’acqua e di scambio nascesse il futuro dinamismo commerciale di Pordenone.
Col tempo, la curtis Naonis seguì le vicende del Friuli. Dal X secolo passò prima sotto i duchi di Baviera, poi di Carinzia, fino ad agganciarsi alla grande casa degli Eppenstein e, in seguito, agli Asburgo. Questo spiega perché Pordenone e Cordenons, a differenza di altre terre friulane soggette al patriarca di Aquileia, rimasero sempre direttamente amministrate dai duchi d’Austria.
Un esempio curioso è la concessione fatta dal duca Ottocaro di Stiria: nel 1219 regolò i diritti d’uso dei boschi tra Cordenons e San Quirino, confermando che questi luoghi erano considerati parte integrante del dominio ducale, e non soggetti ad altre autorità locali.
Il grande problema per lo storico moderno è capire quali fossero i confini di questa “curtis Naonis”. Le fonti medievali sono spesso vaghe, e le mappe non esistevano. Bisogna affidarsi a diplomi imperiali, donazioni, atti di investitura e persino dispute sugli usi civici.
Un primo indizio arriva dal 963, quando Ottone I donò al vescovo di Belluno due massariciae (aziende agricole di grandi dimensioni) nell’area di Polcenigo. La loro origine fiscale lascia pensare che fossero parte della corte regia di Naone.
A sud, invece, il confine sembra delineato da un diploma di Ottone III (996), che assegna al vescovo di Concordia la vasta selva compresa tra i fiumi Lemene, Fiume e Meduna, fino al mare. Questo documento ci permette di immaginare la corte regia estendersi dal cuore della pianura pordenonese fino al Livenza.
Il quadro diventa più chiaro con un atto del 1028, in cui compaiono riferimenti precisi alla “Cortis Naonis” accanto a terre del conte Ozino e all’abbazia di Sesto al Reghena. È come se i fiumi Meduna, Fiume e Livenza disegnassero una sorta di triangolo sacro ai destini della corte regia.
Al di là dei dettagli tecnici, l’esistenza della corte regia di Naone ci racconta una storia affascinante: il territorio pordenonese nasce sotto il segno della centralità e dell’autonomia, direttamente legato al potere regio e poi ducale, con funzioni economiche e giuridiche particolari. Questo status speciale spiega la vocazione commerciale di Pordenone nei secoli successivi e il suo rapporto un po’ “diverso” rispetto al resto del Friuli.
Per approfondire:
- Carlo Guido Mor, Curtis Naonis, in Luigi Ciceri (a cura di), Pordenon. XLVII Congresso della Società Filologica Friulana, 20 settembre 1970, Udine, 1970, pp. 16-20.

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