Le barricate di Torre furono l’ultimo estremo baluardo contro il fascismo a Pordenone. Nelle settimane e nei mesi successivi le intimidazioni e le violenze non trovarono più un’accanita resistenza: ormai in tutti la rassegnazione era dominante. Questa la realtà, non era più possibile opporsi in alcun modo dinnanzi alle frequenti incursioni di Camicie Nere provenienti da Udine e dal Veneto. Una situazione caratterizzata anche da frequenti licenziamenti di esponenti sindacali, arresti e aggressioni che proseguirà fino al 1925.
Nel 1922, a Torre, le nuove perquisizioni da parte dei fascisti a prevenzione di atteggiamenti di sfida interessarono non solo le abitazioni ma anche la canonica. A nulla valsero le proteste di don Lozer, nonostante anche lui si fosse rassegnato all’idea che non valesse più la pena opporsi. Un’idea questa che trovava conferma nell’assoluzione di quei fascisti che nel 1921 avevano incendiato alcune attività commerciali, sparato per le strade, rubato denaro e devastato case di esponenti di sinistra. Anche la giustizia si stava adeguando ai tempi.
Settembre fu il mese che più segnò il periodo: il 20, proveniente dal congresso del partito che si era tenuto a Udine, giunse in treno a Pordenone niente meno che Benito Mussolini, il quale, non ancora il Duce, altro non era che il maggior esponente di quei Fasci di combattimento da lui stesso fondati tre anni prima. Accompagnato a visitare quella che allora era la modesta Casa del Fascio, la sera si trattenne al Teatro Licinio (odierno Teatro Verdi) ad assistere allo spettacolo previsto in quell’occasione, Madama Butterfly. Poco più di un mese dopo questa visita, il 28 ottobre, Mussolini compirà quella marcia su Roma che lo consacrerà definitivamente alla storia d’Italia.
Con l’avvento del fascismo, se della politica non ci si poteva più lamentare almeno ciò era possibile in riferimento alla condizione in cui la città versava: nel 1923 il ponte sul Noncello, distrutto dagli austriaci nella ritirata del 1918, non era ancora stato riparato e non era attraversabile. Le proteste che ne conseguirono fecero in modo che l’11 febbraio esso avesse almeno una passerella che permettesse il transito di pedoni e biciclette. Analoga la situazione del ponte sul Meduna, completamente riparato a novembre di quell’anno.
La fine del 1923 non fu, per l’epoca, di alcuna rilevanza salvo per un piccolo particolare, allora insignificante, che tempo dopo avrebbe fatto la fortuna della città: sul giornale de Il Popolo del 25 dicembre un’intera pagina di pubblicità era stata acquistata da una ditta che aveva sede in Corso Garibaldi. In essa, il titolare, omonimo di questa piccola attività, illustrava il suo prodotto consistente in stufe assemblabili che, in caso di guasto, non necessitavano di essere sostituite salvo la componente danneggiata. Antonio Zanussi, la cui attività aveva preso il via nel 1916, si stava pian piano facendo conoscere.
Il ’24 fu contraddistinto dal passaggio in stazione del re Vittorio Emanuele III. Giunto alle 6:47 del mattino del 12 ottobre, il sovrano fu accolto da un reparto del IV Genova cavalleria e da tutti i notabili della città. Sceso dalla carrozza e acclamato dalla folla di cittadini presenti, ebbe solo il tempo di assistere all’intonazione della Marcia reale, allora inno nazionale, per poi ripartire alla volta di Udine. La sera stessa, alle 22:45, al ritorno del re, la scena fu ripetuta. Il 20 settembre del 1927 fu l’occasione di una visita ufficiale, allorché il sovrano, in mattinata, assistette a un’esercitazione aerea con bombardamento in un poligono sul Cellina, passando poi in rassegna i piloti protagonisti all’aeroporto di Aviano.
Fino al 1935 Pordenone visse una vita tranquilla: al di là delle molteplici commemorazioni funerarie, come la scomparsa della Regina madre, di Ottavio Bottecchia, del duca della vittoria Armando Diaz, o dei miglioramenti dal punto di vista urbanistico e lavorativo (furono inaugurate la nuova Casa del Fascio, odierna prefettura, la Casa del Balilla, nota come ex-fiera o “fieravecchia” e la Casa del Mutilato in Piazza XX Settembre) o ancora della visita alla città e al campo della Comina e di Aviano del principe ereditario Umberto, non si registrarono particolari fatti di rilievo.
Tuttavia il biennio ’35-36 si dimostrò del tutto particolare: la guerra in Abissinia per il “posto al sole” italiano in Africa, con tutte le sue conseguenze, fu un’occasione di grande partecipazione del popolo italiano e i cittadini pordenonesi non furono da meno. Le sanzioni all’Italia da parte della Società delle Nazioni avevano obbligato il regime ad attuare un’opera di autofinanziamento nota come “date oro alla Patria“. Erano gli anni di massimo consenso al fascismo e tutti fecero a gara per portare alla Casa del Fascio i propri metalli preziosi. Persino una società di mutuo soccorso tra lavoratori, quale era la Società Operaia, volle contribuire donando la non indifferente somma di 500 lire in oro alla causa (circa 567 euro di oggi). Dal canto loro, le famiglie donarono tutto ciò che di valore avevano, persino le proprie fedi nuziali, prontamente sostituite da tondelli d’acciaio dati in cambio dai funzionari preposti alla raccolta.
Nel settembre 1938 Mussolini fu di passaggio a Pordenone nel contesto di una visita alle Venezie: era di ritorno da Trieste, laddove aveva da poco annunciato all’Italia e al mondo l’adozione e la promulgazione delle nefaste leggi razziali. Per l’occasione sul muro del silo del mulino Zuzzi, tutto imbandierato, venne dipinto a lettere cubitali la parola DVX, a dimostrazione dell’affetto che i cittadini pordenonesi nutrivano nei suoi confronti. La scritta rimarrà in bella vista, seppur sbiadita, fino alla ripittura della parete degli anni ’60. In questa occasione il Duce non scese dal treno ma durante la sosta in stazione fu comunque accolto dalla festosa popolazione e da tutte le autorità cittadine, tra cui Domenico Bortolini, segretario del Pnf di Pordenone, il quale colse la palla al balzo invitandolo a venire in visita ufficiale. “Verrò” rispose Mussolini, ma non ne ebbe più il tempo.
Nel frattempo nubi oscure si addensavano sui cieli di tutta Europa.
Per approfondire ti consiglio di leggere:
F.Comin, Storia di Pordenone, Biblioteca dell’immagine, Pordenone, 2008
Pordenonese doc, classe 1992. Dottore di ricerca in Scienze storiche tra l’Università di Padova, Ca’Foscari di Venezia e Verona, mi piace pensarmi come spettatore di eventi che in un futuro lontano saranno considerati storia. Far conoscere al meglio e a quanti più possibile il nostro passato, locale e non, è uno dei miei obiettivi e come tale scrivo con passione per le mie amate Radici.