Siamo ormai nel pieno di luglio e il caldo si fa sentire. Inviti sempre più pressanti ad aperitivi arrivano nelle notifiche di Facebook come un fiume in piena, inarrestabile. E se invece dei soliti sprizzetti e cocktails vari, vi proponessero un macerato, cosa direste?
Se ancora non li conoscete e vorreste poter rispondere a questa domanda, leggete qui.
Sicuramente sono vini inconsueti, e ai più sconosciuti, ma ultimamente incuriosiscono parecchio e meritano di essere scoperti un po’ alla volta. Oltretutto nel nostro territorio ritroviamo alcune delle migliori produzioni al mondo in fatto di macerati, un motivo in più per darci un’occhiata.
I cosiddetti Orange Wines, letteralmente vini arancioni (o aranciati), sono dei bianchi che hanno subito una vinificazione come si usa fare per un rosso. Un contatto quindi prolungato tra bucce e mosto, per raggiungere una maggiore estrazione di tannini e colore. I tempi di macerazione delle uve sono piuttosto variabili e solitamente sono influenzati dallo stato di salute delle stesse, in alcune annate potremo avere vini con uno spiccato sentore di muffa nobile, altre volte uno più pulito e minerale. Vini che, sembrerà una banalità, ma non lo è, nascono veramente in campo, tutto a seconda della natura e del suo scorrere.
Ed è questo il bello degli Orange Wines. Sono prodotti che esulano dai normali canoni enologici che insegnano a scuola; prodotti rigorosamente da uve biologiche, e nel senso più stretto del termine. Con una vendemmia manuale, nel pieno rispetto di pianta e frutto e infine in cantina, dove avviene un lavoro meticoloso e frutto di anni e anni di esperienza, in cui si vinifica semplicemente ciò che la natura in quel momento dona. Il legno è il grembo di questi vini dal carattere a tratti indomabile. Senza lieviti selezionati, senza controllo di temperatura e con una fermentazione totalmente naturale dentro piccoli tini in cui il prezioso nettare affina per anni e anni, prima di essere imbottigliato.
Qualcuno come Josko Gravner, considerato il padre di questi vini in Friuli-Venezia Giulia e non solo, usa le anfore in terracotta, perché, dice –serve tornare alle origini– . Quelle origini che spesso vedevano l’anfora come strumento di contenimento del vino al momento della fermentazione.
In Friuli, nella zona di confine con la Slovenia tra Doberdò e Oslavia, ci sono i produttori ai quali sicuramente bisogna avvicinarsi per imparare a conoscere gli Orange Wines e sono tre: Gravner appunto, Radikon e Damijan Podversic che avevamo avuto il piacere di ascoltare a Pordenonelegge 2016 e che ritrovate in questo articolo carico di passione.
E se dovessimo consigliarvi un abbinamento, potremmo andare dal pesce azzurro (di cui tra l’altro questa è la settimana) fino alle carni più saporite e grasse. Proprio perché non sono dei vini che rispecchiano uno standard preciso, ma che mutano ed evolvono a seconda di come la natura li ha pensati e creati e di come dalle mani sapienti del viticoltore, sono stati accompagnati verso il bicchiere.
Sono nato a Pordenone e ho 23 anni. Mi sono laureato in Viticoltura ed Enologia presso l’Università degli Studi di Udine e ora mi occupo di marketing e comunicazione per una startup nel settore dell’enoturismo. Adoro tutto ciò che ha un buon profumo ed è buono da mangiare. Sono un divoratore di film e di qualsiasi sport esistente sul pianeta. Comunicare è ciò che mi rappresenta, quindi se parlo troppo non lamentatevi, vi avevo avvisato!