Siamo spesso assaliti dalle parole “ultima occasione”: per la maggior parte riguardano sconti e saldi di vari articoli sul mercato. “Ultima occasione per i migliori affari: compra entro mezzo minuto a prezzo stracciato il televisore ultima generazione …” Le vere ultime generazioni, però, sono altre. E anche il verbo “stracciare” lo inserirei in un altro contesto.
Quando si parla di specie a rischio d’estinzione, pochi rimangono impressionati. Sono nomi altisonanti di animali che poco hanno a che fare con noi; al limite ci smuoviamo un po’ quando menzionano accidentalmente che un animale a rischio è stato miracolosamente salvato dal baratro. Il nostro interesse lì comincia e finisce, e siamo risucchiati da problemi più imminenti, come l’immigrazione o il gelataio di fiducia che vuole andarsene, perché dice che la cittadina si sta spopolando. Qualcuno invece, nel 1985 (quando usciva Ritorno al Futuro), è andato in Madagascar a cercare un rarissimo lemure che rischiava la scomparsa definitiva da questo pianeta. La sortita gli è rimasta talmente impressa che, con il suo nuovo amico e zoologo Mark Carwardine, tre anni dopo è partito per il mondo alla ricerca dell’ultima occasione… Di vedere:
– i draghi di Komodo,
– un rinoceronte detto bianco ma in realtà grigio,
– il pappagallo più sfortunato del mondo,
– un delfino cieco e sordo a causa dell’uomo,
– l’isola dove è stato avvistato l’ultimo dodo.
Il lemure aye-aye, le lucertole giganti di Komodo, il pappagallo kakapo e i pipistrelli delle Mauritius hanno tutti in comune una cosa: vivono su delle isole. Gli ecosistemi delle isole sono fragili capsule temporali, dove l’equilibrio raggiunto non ha nulla a che vedere con la concorrenza spietata, per la sopravvivenza, che avviene tra le specie sulla vasta terraferma. Cosa succede, quindi, quando viene importato un predatore che per anni si è battuto e ha vinto in un grande habitat, su di una piccola lingua di terra? Citando: “sarebbe come introdurre Al Capone, Gengis Khan e Rupert Murdoch sull’Isola di Wight – i locali non avrebbero nessuna chance.”
Spesso, il predatore di cui sopra siamo proprio noi. Due esempi: i lemuri, più deboli delle scimmie, sono sopravvissuti perché un pezzo di terra (il Madagascar) si è staccato dalla terraferma dell’Africa ed è migrato, senza scimmie, nell’Oceano Indiano. I lemuri hanno vissuto in questo santuario per millenni, fino a quando le scimmie sono finalmente riuscite a raggiungerli, o meglio, i loro discendenti. L’uomo sta infatti minacciando la biodiversità di questo paradiso naturale, seppur alcuni lemuri siano ora protetti nelle riserve naturali di isolette vicine.
Un simile paradiso si trova anche nel Pacifico: si tratta di un’isola emersa dal mare su cui, per molto tempo, hanno vissuto solo ed esclusivamente uccelli. Talvolta rinunciando alla possibilità di volare: il pappagallo kakapo si è adagiato su una dieta un po’ più sostanziosa e ha preferito zampettare per terra, rispetto a librare nell’aria (non sono scelte di un individuo singolo, naturalmente, ma un processo evolutivo costante).
Poi in Nuova Zelanda sono arrivati gli uomini, e con loro un predatore letale, il gatto. Alla vista di un gatto, il kakapo (che non sa cosa voglia dire pericolo) semplicemente se ne sta fermo a guardare, un po’ perplesso all’avanzare della belva spietata, fino a che si ritrova una zampata addosso.
Se questi sono esempi di come l’uomo minacci inavvertitamente alcune specie, ce ne sono altri in cui lo fa attivamente e senza scrupoli. Si tratta ad esempio del rinoceronte bianco africano, braccato per trasformare i suoi due corni in gioielli, e del delfino baiji in Cina, stordito dalla cacofonia che si propaga nel trafficato fiume Yangtze.
L’autore (a breve vi svelerò chi è) si sofferma infine a parlarci di una colomba delle Isole Mauritius, nell’Oceano Indiano. L’elegante colomba, definita addirittura “rivale in bellezza della fenice d’Arabia” se ne passeggia tranquilla sulla spiaggia, adocchiando curiosamente l’uomo da dietro un grande becco ricurvo giallo e verde, e due piccoli occhi di diamante. Fino a che l’ultima della sua specie viene uccisa a bastonate, attorno al 1680, dai colonizzatori olandesi. Si tratta della fine dell’ultimo dodo.
Vi avevo parlato dell’incredibile Douglas Adams in occasione del Towel Day, ed è nuovamente di lui che vi ho appena narrato le gesta.
L’ultima occasione: alla ricerca di specie animali in via d’estinzione (Adams, Carwardine) non tratta di shopping ma di ciò che rende ricco e vario il nostro pianeta, e stracciare è quello che noi stiamo facendo di questa ricchezza. C’è un senso di urgenza che ci investe, ma anche la meraviglia della bellezza che ci circonda.
Comunque, se vi aspettate un reportage triste e amaro, vi sbagliate: ironia e umorismo fanno sempre da padroni dovunque ci sia Douglas Adams. Si parla anche di come nascondere una decina di bottigliette di dopobarba, dell’impresa eroica di trovare un preservativo a Shanghai, di come approcciare furtivamente un rinoceronte in piena vista e infine di come sbarazzarsi, in modo poco ortodosso, di un’ondata di moscerini africani intrappolati nella zanzariera.
Vivo in Carnia, a qualche minuto in bici da Tolmezzo, dal 30 luglio 1993. Dopo anni di inedia spirituale in un girone del liceo scientifico, prendo una boccata d’aria in Università a Udine, laureandomi in Turismo Culturale. Amo il sole sulle valli della mia terra, ma amo ancor di più le parole in nero su bianco. Scrivo per la rubrica Pensieri, raccontando agli altri le voci e le storie che incrocio e che mi lasciano qualcosa dentro.