Seduti di fronte a una carta geopolitica, il tentativo di ordinare le numerose frecce che mettono in relazione stati confinanti e lontani all’interno dei numerosi conflitti mondiali, pare un compito estremamente difficile.
Risulta tuttavia piuttosto agile per Dario Fabbri, giornalista esperto di geopolitica, autore per la rivista Limes ed ospite di questa edizione di Pordenonelegge. Nell’incontro di stamattina “Specchi. Caoslandia”, promosso dall’associazione culturale Aladura, Fabbri ha infatti esposto in maniera concreta e comprensibile gli aspetti apparentemente più complessi del difficile rapporto fra gli emisferi nord e sud del pianeta, che possono essere agevolmente raffigurati attraverso due espedienti lessicali: rispettivamente “ordolandia”, un mondo mediamente ordinato, e “caoslandia”, dove invece regna la confusione geopolitica.
L’Italia, l’orizzonte geografico più vicino ai personali interessi del pubblico di stamattina, si trova esattamente al centro di questa bipolarità. Al momento del dibattito la penisola si trova certamente più dalla parte ordinata del globo, ma rischia concretamente di essere risucchiata nel caos dell’emisfero sud. Per la sua posizione, però, gode al tempo stesso di un punto di vista privilegiato su alcuni aspetti fondamentali del confronto geopolitico.
Innanzitutto sulla crescita dello Stato Islamico, una realtà assolutamente legittima, dove la religione c’entra poco, afferma con fermezza Fabbri, ma è solo instrumentum regni. A differenza di molti altri stati mediorientali, costruiti artificialmente attraverso trattati geopolitici nei diversi dopoguerra, lo Stato Islamico possiede un’identità nazionale, una precisa omogeneità etnico-confessionale che lo rende molto più puro, come nazione, rispetto agli stati ufficialmente riconosciuti su cui si è stabilito, Iraq e Siria. Un ulteriore aspetto, quando si parla di Stato Islamico, è la consueta associazione che lo lega al terrorismo: una tattica militare come altre, usate anche dall’Italia, ricorda Fabbri, basti pensare ai Carbonari, che va affrontata come tale, cioè limitando il potere politico e militare di chi la adotta per perseguire i propri scopi.
L’Italia assiste, in seguito, come altri paesi dell’Unione Europea, alla mancanza di un “poliziotto mondiale”, come piace chiamarlo a Fabbri, che sappia mettere ogni cosa al suo posto nello scacchiere geopolitico. Un ruolo che prima degli anni ’90 spettava a Stati Uniti e Unione Sovietica, ma che ora sembra lasciato in mano a chi in un preciso momento ha una posizione privilegiata rispetto ad altri. La stessa Unione Europea, in questo senso, non riesce a porsi come garante dell’ordine: manca solidità politica e istituzionale, senza un’attenzione precisa per l’azione politica nel senso stretto del termine l’Unione non potrà imporsi sugli altri nel tentativo di riordinare il mondo.
Infine la questione emigrazioni, o immigrazioni, a seconda del punto di visto. Ancora una volta Fabbri ribalta il punto di vista dell’opinione comune: non sono certamente dovute alla guerra in sè, ma alla sovrapopolazione mondiale. Un flusso inarrestabile, che può essere risolto solamente grazie a interventi nelle infrastrutture.
La lezione che vuole infondere Dario Fabbri, dunque, ai tanti ragazzi presenti all’incontro proposto da Aladura, è di non fermarsi alla prima impressione, ma di scavare a fondo nelle cose, osservare ogni punto di vista, lasciarsi guidare dalla ragione. Contro i pregiudizi, contro i pensieri negativi.
Grazie.
Sono nato a Pordenone nel 1994. Attualmente studio Web Marketing e comunicazione digitale presso lo IUSVE di Mestre. Nel fine settimana lavoro in un ristorante tipicamente friulano, esperienza grazie alla quale mi sono avvicinato al mondo dell’enogastronomia locale e ai suoi valori. L’oppure e in particolare la rubrica per cui scrivo, Gusti della terra, rappresentano per me la possibilità di esprimermi: da sempre, infatti, amo scrivere e raccontare delle mie passioni e della mia terra.