Un uomo innamorato del suo lavoro, che esordisce sottolineando la fortuna di chi – come lui – è riuscito a fare della sua passione, una professione. Non ho usato un termine a caso: Alberto Mantovani parla della determinazione necessaria per avere successo in campo scientifico, proprio come della forza tipica dell’innamoramento, che vieta di lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e spinge ad andare avanti, quando si è sicuri dei propri sogni.
Nel suo libro – dal titolo Non aver paura di sognare. Decalogo per aspiranti scienziati – il medico affronta proprio questo argomento, la motivazione, la passione per la scienza, le possibilità per i giovani ed il problema della fuga di cervelli dal nostro Paese. Mantovani è convinto che l’oro del terzo millennio sia proprio la testa dei giovani attivi e intelligenti, che sono in grado di apportare contributi significativi nei campi più svariati. Tema molto attuale, si parla dunque della necessità di creare in Italia un sistema attrattivo nei confronti di tutti quei “cervelli in fuga”.
Ma, svolgendo un ruolo anche di buon “manuale”, il Decalogo presenta le responsabilità del bravo scienziato: «Essere un uomo di scienza significa anche condividere con la comunità tutto ciò che si ha avuto la possibilità di imparare». Diffondere una (buona) cultura scientifica è anche educare alla tolleranza costruttiva rispetto alle idee ed alle persone che non sono in linea con i nostri pensieri.
Mantovani pone inoltre l’accento sulla necessità da parte di ognuno di fare attenzione alle informazioni errate ed ai ciarlatani, coloro che si improvvisano medici rischiando di provocare danni irreversibili; in quest’ambito, cita il caso Stamina e le numerose controversie a proposito dei vaccini. «Le difficoltà nel trasmettere i messaggi corretti sono molte – spiega il medico – poiché le persone non sempre sono in grado di riconoscere la validità delle pubblicazioni». Si rivelano un ostacolo anche le opinioni diffuse, che attribuiscono ai ricercatori al soldo delle aziende del settore sanitario meno credibilità rispetto ai ricercatori indipendenti. Mantovani spiega come questi scienziati siano invece fondamentali, poiché dispongono delle risorse economiche necessarie all’avanzamento della ricerca; l’ideale, secondo il medico, sarebbe una collaborazione, in cui gli scienziati indipendenti svolgano il ruolo di “cani da caccia”, forti della maggiore libertà di cui dispongono.
Sono nata il 7 settembre 1997 in provincia di Pordenone e frequento il primo anno di Infermieristica presso l’Università di Trieste. Fastidiosamente pignola e con la testa perennemente fra le nuvole, amo avere sempre un sacco di cose da fare. L’oppure rappresenta per me la possibilità di coltivare attivamente la passione per il giornalismo, condividendo la bellezza dei territori che amo.