State passeggiando in un soleggiato pomeriggio estivo lungo via San Nicolò, la pedonale tra corso Italia e via Mazzini, e vi coglie una fame improvvisa. È l’ora dell’aperitivo, i molti ristoranti più o meno appariscenti non fanno al caso vostro; ma un profumo inconfondibile vi investe di colpo, vi coglie alla sprovvista, e vi mettete a sbirciare spudoratamente tra i tavolini all’aperto, per trovare il colpevole di un simile adescamento. È prosciutto cotto, tagliato in maniera irregolare e grossolana, si vede ovunque, su ogni tavolo, accompagnato inesorabilmente da un bicchiere di vino.
Trieste non fa mai troppi complimenti, si impone sgarbata, prepotente, ma certo non priva di carattere. Non si può non restarne colpiti, e non a caso la rivista culinaria “Gambero Rosso” ha annoverato il prosciutto cotto in crosta “Masè” tra i 400 migliori street food nazionali. Se per placare la vostra fame pomeridiana cercate qualcosa di leggero, avete decisamente sbagliato città: la tradizione mitteleuropea si fa anche in questo caso sicuramente sentire, in tutta la sua marmorea sostanza, di carne e crosta di pane.
Nel 1870 i fratelli Masè giungono a Trieste dal Trentino, e già nel 1874 apre il primo negozio in via Giacinto Gallina, tuttora esistente; arriva ben presto il secondo, in via Ghega (ormai trasferitosi in altri lidi) che diventa presto uno dei luoghi più frequentati della città. Negli anni venti Alfonso Masè, figlio di Miradio (uno dei fratelli fondatori) prende le redini del gioco. La ditta conosce una grande crescita, ma non esce incolume dalle tragedie della guerra e del dopoguerra: nel 1948 un figlio di Alfonso, Albino Masè, rimane ucciso in una foiba. Sotto la direzione di Tullio, fratello di Albino, la crescita riprende poi a gonfie vele, ed è a fine anni ’90 l’apertura del grande stabilimento di produzione di San Dorligo della Valle. Ad oggi, nonostante il periodo di crisi che la ditta sta attraversando, sono state aperte due filiali in territorio nazionale, una a Udine e una a Roma, e un primo franchising all’estero, a Tirana (Albania).
E la preparazione? L’aroma inebriante del prosciutto “Masè” non è certo dovuto al caso: una tradizione ben precisa e consolidata negli anni ne è la causa. Dopo una meticolosa selezione delle migliori cosce di suino, la cui rifilatura (privazione del grasso in eccesso) viene effettuata rigorosamente a mano, si procede con la siringatura, ovvero l’iniezione nell’arteria femorale di una salamoia composta da acqua, sale, zuccheri e aromi naturali. Perché la salamoia si distribuisca equamente in tutta la massa muscolare, viene effettuata una specie di “massaggio” da macchine apposite dette zangole; il prodotto è quindi pronto per essere infornato e sottoposto a una speciale affumicatura mediante combustione incompleta di legno e piante aromatiche pregiate. Avvolto in seguito nella crosta di pane (formata semplicemente da acqua, farina e sale) con senape e altre erbe che ne esaltano ulteriormente il sapore, il prosciutto viene sottoposto ad un’ultima lenta cottura al forno.
Et voilà! Il mare, la Val Rosandra con le sue foreste, la vicina Istria, le falesie che scendono a picco lungo la costa a nord della città, Trieste ha veramente tutto. Vive di carne e di pesce: è una città aspra e selvatica, ma nondimeno indimenticabile. La sua immagine si impone nella memoria, e senza dubbio il prosciutto “Masè” le rende piena giustizia.
Sono nato a Pordenone nel 1993. Mi divido tra musica e lettere; gli studi classici, la scrittura e le lingue straniere, si accompagnano a pianoforte, chitarra, voce e teatro. Mi interesso di geopolitica e diritti umani e già mi sono imbarcato in varie esperienze di volontariato, soprattutto in Palestina.