Che cosa significa “vita”? Siamo vivi perché pensiamo, perché respiriamo? Siamo vivi semplicemente perché “esistiamo”? E quando esistiamo davvero? Queste sono alcune delle domande alle quali ha cercato di dare risposta il regista argentino César Brie, attraverso il suo spettacolo teatrale “Orfeo ed Euridice”, in scena al Teatro Verdi il 21 e 22 Aprile. Il testo è stato scritto per la compagnia da lui fondata in Italia, “Teatro Presente”, ed è interpretato dai giovani quanto intensi Giacomo Ferraù e Giulia Viana. Regista dai temi spesso impegnati, ha scelto con questa produzione di trattare la complessa quanto attuale questione dell’eutanasia rivisitando in chiave contemporanea il mito classico di Orfeo ed Euridice.
Sul palco ci sono due ragazzi, Giacomo e Giulia, che percorrono la loro storia d’amore dal momento in cui si sono conosciuti, al tragico incidente di Giulia. Da quel giorno la ragazza diventa Euridice, bloccata nel limbo, immobilizzata in una dimensione ineffabile in cui non vive, ma che non le permette nemmeno di morire; Giacomo invece si trasforma in un moderno Orfeo che, pur disperato e distrutto, vorrebbe lasciar andare la sua compagna, come le ha promesso pochi giorni prima dell’incidente.
Ma Orfeo non ha potere su di quel corpo che ha tanto amato e che ora non riesce a riconoscere: i medici ribadiscono di non poter porre fine alla vita della ragazza. Le lotte del giovane contro una giustizia priva di posizione proseguono per 7 lunghi anni, durante i quali egli vede la dignità della moglie svanire piano piano insieme alle speranze che lei possa risvegliarsi.
Lo spettacolo si conclude con la liberazione della ragazza, alla quale viene praticata l’eutanasia. La posizione della compagnia è dunque molto chiara, ma l’impugnatura della penna si trova ora rivolta dalla parte del pubblico: fino a quando siamo disposti a vedere una persona ridotta ad un corpo inanimato privo di quell’essenza che lo rende “umano”? Il prolungamento dell’accanimento terapeutico su di un individuo in stato vegetativo rimanda solo la sua morte definitiva e blocca la vita di tutti coloro che lo amano e che non smetteranno di stargli vicino.
“Di te diranno che eri la “Bella Addormentata”, dice sorridendo Orfeo. “Di te diranno che eri un assassino”, sussurra Euridice. Un ultimo spunto di riflessione chiude definitivamente il sipario: è giusto criticare chi ha fatto la propria, difficile, scelta?
Sono nata il 7 settembre 1997 in provincia di Pordenone e frequento il primo anno di Infermieristica presso l’Università di Trieste. Fastidiosamente pignola e con la testa perennemente fra le nuvole, amo avere sempre un sacco di cose da fare. L’oppure rappresenta per me la possibilità di coltivare attivamente la passione per il giornalismo, condividendo la bellezza dei territori che amo.
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