Chissà cosa pensava Ippolito Nievo mentre passeggiava per le stanze del Castello di Colloredo di Monte Albano, a pochi passi da Udine. Qui infatti il famoso scrittore visse e scrisse le sue opere.

L’edificio in realtà apparteneva alla famiglia dei Colloredo, discendenti dei Mels, i quali ne iniziarono la costruzione nel 1302. Questo castello venne saccheggiato due secoli dopo, nel 1511, durante una rivolta contadina, e l’accadimento viene ricordato come il “crudele giovedì grasso”.

Più volte ampliato, divenne parzialmente proprietà della famiglia Nievo; il famoso scrittore vi scrisse appunto “le confessioni di un italiano”, dove, tra l’altro, ne viene descritta la cucina.

Pesantemente danneggiato dal terremoto del ’76, venne in seguito a ciò restaurato.

Le sue mura debbono aver visto gli avvenimenti più disparati, in sette secoli di notti e lune, chissà i duelli, chissà il clima che si respirava così vicino a noi, ma molto tempo fa.

Chissà le lotte, quelle che videro fronteggiarsi i Mels e il Patriarcato di Aquileia, i Conti di Gorizia, i Caminesi, i Savorgnan, i Torriani.

Colloredo era stato un feudo dei visconti di Mels, salvo poi dover accettare, obtorto collo, la supremazia di Venezia, nel 1420.

L’opera ormai in rovina, venne abbellita sfarzosamente dai proprietari nel corso del XVI secolo. Proprio a questo periodo risalgono le decorazioni di Giovanni da Udine, allievo del celebre Raffaello.

Certo, per chi vi si avvicina da lontano, provenendo da Udine, balza subito all’occhio il lungo rettilineo che come un serpente sale e scende dalle colline e che proietta lo sguardo degli avventori proprio sul castello. Nulla di più scontato: il rettilineo venne realizzato nel Cinquecento proprio per ragioni scenografiche.

In attesa della ricostruzione completa, oggi possiamo vedere la torre con l’orologio e l’ala ovest, tuttavia il castello è visitabile solo esternamente.

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