Così scriveva Italo Calvino in chiusura della sua prima Lezione Americana, incentrata sulla leggerezza, valore di primo’ordine non solo per la letteratura, ma in fondo anche per la vita: “Quiete di cavaliere errante, traversata di carovana nel deserto, volo magico, al semplice dondolio del secchio vuoto..segno di privazione, desiderio, ricerca.”
Il passo è riferito a un racconto di Franz Kafka, Il cavaliere del secchio, nel quale il protagonista, in condizioni misere e privo di ogni bene di prima necessità, va alla ricerca di un po’ di carbone in sella al suo secchio vuoto, e, dopo essere stato respinto brutalmente dalla moglie del carbonaio, avanza senza meta, perdendosi nelle montagne di ghiaccio.
Calvino ci regala come auspicio per il nuovo millennio quest’ultima immagine del cavaliere, a cavallo di un anomalo e inanimato destriero, che si perde nell’immensità.
Davis, alter ego di Dave Van Ronk, è un cantautore folk solista, con un passato tragico, che tenta di vivere grazie alla sua musica , ma che in realtà sopravvive di piccoli espedienti quotidiani. Suo prode destriero non è un secchio, bensì la sua fedele chitarra, unico strumento con cui egli riesce a esprimersi, ma senza comunicare nulla agli altri, che non colgono il suo talento, poichè poco conforme ai gusti del mercato.
Responsabile delle svolte del film è un gatto beffardo, unico espediente narrativo impiegato dai due registi per mettere in moto l’azione, che, per diversi imprevisti, si ritrova a essere il compagno di viaggio di Davis, recatosi a Chicago alla disperata ricerca di un manager che lanci il suo disco sul mercato.
Anche il nostro cantautore compie una “traversata di carovana nel deserto”, ossia lungo un’infinita autostrada, in compagnia di personaggi molto improbabili, che tuttavia rispecchiano il fermento culturale dei primi anni cinquanta: un vecchio musicista jazz, eroinomane, interpretato da John Goodman, e un giovane poeta ispirato dalla Beat Generation.
La composizione del film è molto significativa, in quanto è perfettamente circolare (il film si conclude con la scena iniziale in una ring composition), come la struttura degli epopee greche, nelle quali gli eroi, una volta compiuti i loro viaggi epici (epos) e aver superato mille peripezie, facevano ritorno ( nostos) in patria: tuttavia Davis non farà ritorno a un equilibrio originario, che non è mai esistito, ma si perderà, allo stesso modo del cavaliere errante kafkiano, non riuscendo mai a sfondare con la sua musica.
La colonna sonora. composta dalle canzoni che in varie occasioni intonerà e suonerà Davis, di bellezza e poeticità straordinarie, cancellerà però i confini di quello stesso anello in cui è intrappolata la composizione filmica, trasportandoci al di là di esso e lasciandoci quello stesso spirito di leggerezza che Calvino, attraverso il racconto di Kafka, voleva comunicarci.
Marina Ornella nata a Pordenone il 12 dicembre del 1996. Frequenta l’ultimo anno di liceo classico. E’ appassionata di cinema e attualità, disegna e talvolta scrive. Costantemente distratta, inciampa spesso, perché catturata da qualche frammento di vita fuori posto, fuori dall’ordinario. Un giorno vorrebbe guardare il mondo attraverso la lente di una telecamera, ma per ora si accontenta di indagarlo e interpretarlo, non dimenticando mai di tuffarcisi dentro.