Benvenuti nel tempio del surrealismo. O per meglio dire: dadaismo.
Dall’11 settembre 2014 all’11 gennaio 2015 Villa Manin cambia faccia, dando lo spazio delle sue mura a Man Ray, pseudonimo di Emmanuel Rudzitsky.
Siamo a Zurigo, nella Svizzera neutrale della Prima guerra mondiale, e una nuova forma d’arte impazza per le vie della città.
La ragione viene accartocciata e così rimpiazzata dall’umorismo, allo stesso modo la logica viene abbandonata per dare spazio alla stravaganza, la derisione: è nato il “dada”.
Il dadaismo non è arte, ma anti-arte, come lo definiscono i dadaisti stessi.
La mostra è strutturata in modo temporale, dalle prime alle ultime opere. Ma questo non vi aiuterà a capire meglio l’arte surrealista.
Per definizione stessa, quest’arte è svincolata da ogni regola. Ma questo non vuol dire che sia casuale o priva di significato.
Di sicuro, ci sarà sempre chi guarderà solo la tecnica e si chiederà “come”, mentre altri di natura più curiosa si chiederanno “perché”.
– Man Ray
Man Ray nasce in un momento molto particolare della storia: la fotografia fa capolinea come nuovo mezzo di espressione.
Si tratta di uno strumento ancora da sviluppare, in piena sperimentazione e lui presto ne diventa pioniere.
Prende la macchina e ne fa quello che vuole, fino a togliere l’obiettivo e dare vita a nuove forme, che userà per creare un filmato.
Tra i corridoi e le stanze delle villa ci muoviamo tra il Man Ray fotografo, pittore e poi scultore. Manifesto dell’idea che con la fotografia, ormai, tutto sia diventato riproducibile infinite volte. Così, spesso, della stessa opera troviamo la foto, il dipinto e infine la scultura dello stesso soggetto.
Una passeggiata tra i temi dell’eros, dell’eccentricità che quasi sfiora il “nonsenso“.
L”Uomo Raggio” (diretta traduzione di Man Ray), non è un artista “assoluto” come Michelangelo o Caravaggio. E con assoluto s’intende un artista che può piacere ai più, e che porta avanti un forma d’arte che mette in primo piano l’uomo e la perfezione delle forme: nulla di tutto questo.
Man Ray è un’artista diverso, che si muove all’interno di un contesto storico particolare: la guerra, l’industrializzazione e le nuove tecniche artistiche indubbiamente lo formano. Così, l’arte che ha creato, si lascia spesso a libere interpretazioni personali. E forse questo è proprio quello che voleva ottenere.
Le sue opere hanno viaggiato il mondo, tra New York, Parigi, Montparnasse e Los Angeles, cioè tutti i luoghi dove ha lavorato.
L’allestimento in cui le opere sono immerse è, come sempre a Villa Manin, bellissimo. L’atmosfera che hanno creato è molto suggestiva, e permette all’osservatore di dedicare tutti i suoi pensieri alle opere.
Ma rimane un’artista che vuole trasgredire le regole, sperimentare e provocare. Probabilmente per questo è difficile da apprezzare ad un primo sguardo. È una di quelle mostre che bisogna percorrere due volte: una per guardare, l’altra per capire. Si deve lasciar correre più la mente e meno gli occhi, per arrivare a toccare (quasi) sempre il messaggio che il dadaista per eccellenza ci vuole lasciare.
Giacomo Netto, nato il 10 agosto 1996. Frequenta il primo anno di Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Ha una grande passione per la lettura, la musica, la montagna, la vela e in particolare la fotografia. La sua maggiore caratteristica è l’inquietudine: cerca di trovare sempre un perché alle cose, meravigliandosi tanto davanti a uno spettacolo forte della natura, quanto al dettaglio apparentemente insignificante.