La critica cinematografica è morta! Nessuno legge più i giudizi sui film! Il cinema non crea più dibattito! Quante volte abbiamo sentito queste frasi, sia dagli adetti ai lavori che dagli spettatori sempre più svogliati. Ma per fortuna le massime sono fatte per essere smentite.
In questi giorni c’è un fermento intorno a Interstellar, ultimo film di Christopher Nolan, un dibattito che si snocciola sul web e sulla carta stampata come non si vedeva da tempo. Premetto subito che la pellicola avrebbe bisogno di pagine e pagine per essere analizzata, per la sua struttura ad incastro e per le tematiche che tratta, ma tutto ciò non fa che accrescere la curiosità nei suoi confronti. Nolan è uno dei pochi registi americani che riesce a fondere cinema autoriale e cinema di massa, ragionando su di essi con lavori che accontentano le richieste di tutti. Interstellar, invece, non ha questo equilibrio ma pende più sull’”intellettualismo”, non spicciolo e fine a se stesso, ma pericoloso nell’allontanare una grossa fetta di pubblico. Dialoghi a tratti sciocchi, sceneggiatura ingarbugliata in favore, invece, di una messa in scena da urlo. Un prodotto che dialoga con tutta la carriera di Nolan, soprattutto per quanto riguarda il tempo, vedi l’antitesi con la contrazione presente in Inception, e il supereroismo dell’uomo comune. Tutti sappiamo che paragonarlo a Kubrick o a Tarkovskj sarebbe inopportuno e qualunquista, ma è lecito pensare che dialoghi ipoteticamente con questi mostri sacri. Nolan si perde nel voler dare all’amore il senso di tutto, togliendo il piede all’acceleratore e frenando di colpo quando la componente fantascientifica prende il sopravvento. Non siamo qui a cercare le inesattezze scientifiche che in tanti lamentano, ma ci dispiace accorgerci, a fine film, di non esserci emozionati o colpiti a dovere. Interstellar è un capolavoro fallito perché manca di sentimento, verso il cinema e verso lo spettatore: un potente esercizio visivo senza anima, ma sdolcinatamente canonico. Un “ingranaggio” purtroppo difettoso.
Andrea Moschioni nasce a Pordenone il 04 dicembre 1982. Malato di cinema fin da quando è in fasce, dopo aver conseguito la Laurea in DAMS e aver frequentato un Master allo Ied di Venezia, si diletta nella realizzazione di cortometraggi sia come attore che come autore. Attualmente lavora nel teatro ed è membro della Compagnia degli Imprevisti di Pordenone. Redattore della rivista Mediacritica.it, non riesce ancora a liberarsi dal morbo del Cinema.