Dopo due giorni di pausa, oggi si riparte: alle otto e mezza saluto i pini di Roma e continuo la mia discesa verso sud. Imbocco l’Appia, punto verso Latina. Arrivato a Ciampino, naturalmente, mi perdo: fermo un signore per chiedergli le indicazioni per Cisterna di Latina, lui mi guarda con gli occhi spiritati e inizia a urlarmi di tutto. “AOOO!! MA DO CA**O VOI ANNA’? MA ‘O SAI ‘DO STA CISTERNA? AO’ CISTERNA STA ARMENO A TRENTA CHILOMETRI! E’ ‘N VIAGGIO! MA ‘DO VOI ANNA’?!”, per due minuti buoni provo a spiegargli che non si preoccupi, trenta chilometri non sono granché… ma niente. Sono finito a tiro di uno dei matti del villaggio. Continuo a insistere chiedendo semplicemente di indicarmi la strada, lui continua a urlarmi che è impossibile, finché finalmente mi dà la dritta “OOO MA SAI CHE TE DICO? VOI ANNA’ A CISTERNA? TO, DEVI PIA’ LA PRIMA A DESTRA, ARRIVI AA ROTONDA, POI PIA LA NETTUNENSE E VATTENE AFFFAN…”. Decido che è meglio limitarsi a ringraziare e levarsi di torno: seguo le sue indicazioni e riprendo la retta via.

La strada stamattina è noiosetta, ci sono lunghi rettilinei in mezzo al nulla. Costeggio Latina, approfitto per fare pausa pranzo da un porchettaro lungo la provinciale e assieme a lui ascoltiamo la storia giudiziaria di un altro cliente, che da anni ha beghe in tribunale. Dopo cinque minuti di monologo su cause e tribunali il signore finisce il racconto, e dopo un attimo di silenzio il porchettaro commenta con un chiaro e conciso “A facc ‘ro cazz”. Ecco, ora inizio davvero a sentirmi vicino al sud.

Riparto, si sono fatte le due del pomeriggio e fa davvero caldo, ma per fortuna la strada prosegue sotto un filare di pini secolari. E a un certo punto mi rendo conto di una cosa: sono abituato a lunghissimi rettilinei, ma questo è davvero infinito. Inizio a controllare con il mio contachilometri, e la prima curva arriva dopo ben trentacinque km. Assurdo! Ad ogni modo quella curva mi ha fatto entrare a Terracina, e finalmente sono tornato a rivedere il mare. Da qui si seguirà quasi sempre la costa, che subito mi fa capire come sarà l’andazzo fino in Calabria: continui saliscendi con viste a strapiombo sul mare, toccherà faticare parecchio, ma almeno la vista è impagabile.

mare-lazio

Il computerino segna 130 chilometri quando arrivo finalmente a Gaeta, dopo un bello strappo finale e una discesa ripidissimi; ma scopro con orrore di aver lasciato la zona con tutti i campeggi proprio alle spalle di quello scollinamento. Sono troppo stanco per riuscire a tornare indietro, e oggi mi tocca pagare un albergo.

La mattina dopo riparto alla svelta, passo il confine con la Campania e poco dopo, nel comune di Scauri, festeggio il millesimo chilometro di viaggio. Dopo una quarantina di km percorsi, all’altezza di Mondragone, vedo venirmi in contro una ciclista. La riconosco subito, ci siamo sentiti ieri per telefono dato che abita da queste parti. Si chiama Juliana Buhring e si tratta dell’attuale detentrice del Guinnes dei Primati per il più veloce giro del mondo in bicicletta compiuto da una donna: questa ragazza si è fatta 29 mila chilometri in 152 giorni, a una folle media di 210 km ogni giorno, e ho avuto la fortuna di poter pedalare assieme a lei e ospitarla a cena quando è passata per Trieste durante il tentativo di record.

È una persona a dir poco incredibile. Dopo che i genitori l’avevano affidata assieme a due sorelle a una setta cristiana, ha subito numerosissimi abusi fino a quando non è riuscita a scappare, ormai adolescente, e rifarsi una vita. Ha vissuto in tantissimi Paesi fino a stabilirsi in Regno Unito, dove ha scritto un libro diventato best seller in cui racconta la sua esperienza; dopo ha continuato a spostarsi fino ad arrivare a Napoli, dove vive ancora adesso, e insegna in una scuola di inglese a Casoria. Ieri, quando le ho scritto che stavo passando nella sua zona, mi ha subito risposto e ci siamo messi d’accordo sulla strada dove venirci incontro; più tardi, quando ci fermiamo a bere un caffè in un bar, mi chiede se ho un posto dove dormire per la sera, e mi ha offerto subito ospitalità. Alla fine tra viaggiatori ci si ricorda sempre di chi ci ha aiutato nel momento del bisogno.

Mentre pedaliamo assieme parliamo del più e del meno, delle cose che abbiamo fatto da quando ci siamo visti otto mesi prima: io in realtà non ho fatto granché a parte studiare per gli esami, mentre lei si è innamorata dell’ultraciclismo. Si tratta di una disciplina in cui bisogna percorrere senza assistenza distanze abissali, nell’ordine dei 400 chilometri giornalieri, per periodi di tempo che raggiungono facilmente le due settimane. Adesso si sta allenando per la Transcontinental Race, una gara il cui regolamento è tutto sommato semplice: si parte da Londra, si arriva a Instanbul, e bisogna passare a due checkpoint, uno in Belgio e uno sullo Stelvio. Il primo che arriva vince, punto e stop.

“Ah ma quindi ti stai allenando già adesso! E per oggi quanti km devi fare?”
“Finora ne ho fatti cinquanta. Ora ti accompagno all’alloggio, poi continuo a pedalare finché non arrivo a trecento.
Ecco, ogni volta che qualcuno mi dà del matto per quello che sto facendo (e durante la giornata mi capita parecchie volte) penso a cosa dovrebbero dire a gente che fa allenamenti del genere. Pazzesco.

lago-patria

Continuando a pedalare verso Napoli, mi fa fare una deviazione per visitare il lago Patria, un laghetto costiero molto carino, e poi prendiamo la circonvallazione del capoluogo: sembra un girone dantesco, forse per certi versi è la strada più incredibile che io abbia mai visto. Non si riescono a contare le prostitute a bordo strada, e dietro alle spalle di ognuna di esse c’è un albergo a ore. Una MAREA di alberghi a ore. E ogni tanto c’è qualche ambulante che vende le cose più assurde: a un certo punto passiamo davanti a un signore che per terra ha allineato una quarantina di copricerchioni in plastica, tutti rigorosamente usati e sicuramente trovati in giro su qualche strada; poco dopo passiamo davanti a un signore che ha incolonnato a bordo strada una serie di mobiletti-specchio per il bagno; e così avanti.

Alla fine, dopo una novantina di chilometri dalla partenza, arriviamo a Casoria, dove mi fermerò a dormire la notte. Va detto: non è per niente una bella città. È sporca, ogni palazzo sembra un ecomostro, e non c’è granché da vedere. Dopo un’ottima pizza (cos’altro potrei mangiare, qua?) vado a dormire, per poi svegliarmi di soprassalto alle due del mattino: qualcuno sta sparando di fronte al mio palazzo. Rimango impietrito, non so se alzarmi o restare fermo dove sono.  Ma dove diavolo sono finito?

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