Prima che i Romani tracciassero le loro strade e i loro confini, quella che poi sarebbe diventato il borgo di Torre era già un luogo dove l’uomo aveva deciso di fermarsi. Le tracce sono scarse, frammentarie, ma abbastanza eloquenti da suggerire che qui, tra il II e il I millennio a.C., la vita scorreva — forse intermittente, ma presente. Resti di strumenti e manufatti ci parlano di comunità che cacciavano, tagliavano legname, forse pescavano e scambiavano oggetti e materie prime provenienti da lontano.

Non sappiamo se vi fu continuità tra queste popolazioni e quelle dell’età romana. Forse una lenta transizione di culture; forse invasioni, espropri, o semplici migrazioni. Quel che è certo è che Torre, già allora, si trovava in un punto strategico: tra le colline e la pianura, lungo il corso dei fiumi che collegavano il Friuli interno al mare.

Quando Roma estese il suo dominio nel nord-est, tra il II e il I secolo a.C., il Friuli occidentale fu toccato da un processo lento ma inesorabile di romanizzazione. Prima dei legionari arrivarono gli oggetti, le tecniche, i modelli culturali: segni di una penetrazione fatta di commerci e influenze più che di spade.

Il vero cambiamento avvenne dopo la fondazione di Aquileia (181 a.C.), la grande capitale della X Regio Venetia et Histria,  e, un secolo più tardi, di Iulia Concordia (l’odierna Concordia Sagittaria). Da questi due poli si irradiarono colonie, strade e centuriazioni: le griglie regolari con cui i Romani ridisegnarono la pianura friulana. La posizione del territorio pordenonese, lungo un asse di comunicazione tra il Livenza e il Tagliamento, la rese un punto di passaggio privilegiato.

Tra la fine del I secolo a.C. e l’età augustea, la pianura friulana cambiò volto. Le terre vennero divise in praedia, appezzamenti assegnati a coloni e veterani delle guerre civili, che portarono con sé tecniche agricole, architettura e un nuovo senso dell’ordine territoriale.

Le maglie della centuriazione correvano precise: il cardo e il decumanus maximus fungevano da ossatura per le nuove vie e i canali, delimitando poderi, villaggi e fattorie. Torre, situata in una zona di risorgive e terreni umidi, rimase un po’ ai margini di questa razionalizzazione, ma non ne fu esclusa: si sviluppò secondo forme diverse, adattate al paesaggio e alle sue risorse.

Il cuore dell’insediamento romano era una villa di notevoli dimensioni, situata sulle due sponde del Noncello, nei pressi dell’attuale chiesa. Chiamata impropriamente “le Terme”, era in realtà una residenza elegante e articolata, dotata di magazzini, sale decorate e strutture scenografiche a più livelli.

Affreschi dai colori vivi, mosaici a tessere vitree, frammenti di marmi provenienti dalla Grecia e dall’Africa: tutto parla del gusto raffinato e cosmopolita di un proprietario ricco, forse un imprenditore agricolo o un commerciante che aveva saputo sfruttare le vie d’acqua.

Accanto alla villa, gli archeologi hanno individuato strutture di un porto fluviale: banchine e muri di contenimento che ricordano quelli di Aquileia. Qui attraccavano le imbarcazioni che trasportavano merci, tegole, anfore e forse prodotti agricoli provenienti dalle campagne circostanti. Torre era, insomma, un piccolo crocevia commerciale: un punto di scambio tra l’entroterra e i grandi centri della pianura.

Il suolo argilloso e la ricchezza di acque fecero di Torre un luogo ideale per la produzione laterizia di mattoni, tegole, anfore e altri materiali da costruzione. Le fornaci dovevano essere numerose nel territorio circostante, come testimoniano i marchi impressi sui manufatti rinvenuti: alcuni provenienti da Concordia, altri da Aquileia, altri ancora da officine locali.

Non si trattava di un’economia isolata, ma di un sistema integrato, in cui le risorse naturali, la manodopera e le vie fluviali si combinavano in una rete produttiva e commerciale vivace. Dal I al IV secolo d.C., Torre fu così uno dei poli più attivi dell’agro concordiese, inserito pienamente nei circuiti economici dell’Impero.

La strada che passava per Torre, collegando i centri dell’entroterra con la costa e con le vie verso il nord, acquisì un’importanza crescente soprattutto dopo il declino di Concordia, quando gli impaludamenti costieri spinsero i traffici verso percorsi più interni. Quella stessa arteria, evolutasi nei secoli, divenne poi la “Maestra”, tuttora percorsa, quasi a testimoniare la continuità di una vocazione millenaria: quella di luogo di passaggio, incontro e scambio.

Le origini romane di Pordenone rappresentano un microcosmo della storia friulana. Dalla preistoria alla romanità, dalle prime comunità agricole ai commerci imperiali, conservano in sé le tracce di una lunga convivenza tra l’uomo e l’acqua — tra il bisogno di radicarsi e quello, sempre presente, di muoversi e comunicare.


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