“Regione di frontiera” è una definizione che effettivamente ha una sua ragion d’essere per quanto riguarda il Friuli- Venezia Giulia. Cerniera tra il mondo mediterraneo e quello balcanico, tra quello latino e quello germanico e slavo, tra il Sud e il Centro-Nord Europa, il nostro territorio può anche essere considerato come zona di transito poiché vari popoli nel corso di epoche diverse passarono di qui: dagli Ostrogoti, ai Longobardi, dagli Ungari, ai turchi e così via. Ma questa idea, questo sentire il Friuli Venezia-Giulia come un corridoio e come una porta per l’Italia, da dove trae le origini? E soprattutto, è sempre stato così?
La storia e la considerazione del nostro confine orientale, italiano e friulano, ha delle origini tanto lontane quanto nobili. Sin dal principio, un solo nome identificava questa percezione: Alpi. Grazie a preziose testimonianze letterarie sappiamo che già nel III secolo a.C. la catena montuosa era considerata come il confine naturale dell’Italia. Una prova? lo storico Polibio ci racconta che quando Annibale giunse alla sommità delle Alpi annunciò ai suoi soldati che non stavano varcando solo il confine d’Italia ma anche quello di Roma. Un riconoscimento, questo, che fu confermato ed esteso politicamente dalla Città Eterna all’allora Gallia Cisalpina (odierna Pianura padana) soltanto con le conquiste di Giulio Cesare, a cui la nostra regione deve il nome.
Il primo confine romano nella Regione Giulia era un limite provinciale che oggi fatichiamo a distinguere nettamente, poiché basato sulle etnie: a Ovest vi erano popolazioni galliche mentre a Est vi erano gli Istri e gli Illiri. Concepire così il confine non è facile, poiché estremamente mutevole: non essendoci una frontiera ben definita tra di essi, bastava che un popolo si spostasse di qualche decina o centinaio di chilometri perché si definisse un nuovo limite. Con la nascita di Aquileia nel 181 a.C. a Sud i romani influirono pesantemente nel quadro territoriale friulano: essi combatterono più volte contro la popolazione degli Istri, respingendoli verso l’Istria montana e il Carso. Così facendo, assieme alla fondazione di Forum Iulii, crearono questo nuovo loro confine che li separava e li distingueva dai locali.
I romani infatti miravano a estendere il cosiddetto agro aquileiense, una fascia di territorio che andava, verso Nord, dalla costa alle colline del Collio, verso Ovest al Tagliamento e verso Est all’Isonzo. Non solo, permisero a un popolo vassallo, i Carni, di estendersi verso Sud-Est, occupando quei territori in più lasciati liberi dagli Istri. Una concessione che porterà benefici e facilitazioni in seguito, quando, concessa a questi luoghi la cittadinanza romana nel 49 a.C. e annessa la provincia della Gallia Cisalpina (di cui la regione faceva parte) nel 42 a.C., il confine propriamente detto si estenderà alla fascia costiera di Trieste fino alle radici della penisola istriana, inglobando quei territori da loro occupati. Il nuovo limite fu stabilito dal I Triumvirato di Cesare, Pompeo e Crasso sul fiume Formio, oggi Risano, nei pressi di Capodistria.
Il confine fluviale giuliano durò relativamente poco: fu Ottaviano Augusto, con la sua riforma regionale, ad ampliarlo fino a un altro fiume più a Sud, l’Arsa, inglobando così tutta l’Istria occidentale e costiera fino allo sbocco del corso d’acqua nel Golfo del Quarnaro. Questo ulteriore spostamento indicava, in primo luogo, il raggiungimento di quei confini naturali che già da tempo la tradizione culturale romana assegnava all’Italia; in secondo luogo ciò rappresentava la conseguenza di un’integrazione etnica, poiché tale spostamento fu preceduto dalla concessione della cittadinanza romana agli Istri, a quell’epoca ormai del tutto domati.
L’Arsa infatti rappresentava il confine di questo popolo da un altro, i Liburni, abitanti della Dalmazia, senza contare che già da tempo erano state fondate altre colonie romane come Aegida (Capodistria), Pola, Pinquentum (Pinguente) e Parentum (Parenzo). Lo spostamento del confine si era poi reso necessario dal fatto che Augusto aveva concesso alla colonia di Tergeste (Trieste), accresciuta d’importanza, l’amministrazione di tutta l’Istria settentrionale fino al fiume Quieto, oltre che tutti quei territori del Carso abitati dai Carni.
Si formò così il confine orientale della X Regio romana, la Venetia et Histria, la cui capitale era Aquileia, all’interno di un sistema regionale unico nel suo genere (ancora oggi parzialmente visibile nei confini e nei nomi delle attuali regioni), che faceva dell’Italia un’entità politicamente unita, amministrativamente al di sopra di tutte le altre province dell’Impero: la Penisola era Roma e Roma era la Penisola, poiché tutti i suoi abitanti (almeno fino al 212 d.C.) erano cittadini romani e godevano di privilegi unici come ad esempio l’esenzione dalle imposte o la possibilità di concorrere a cariche pubbliche.
Verso il II secolo d.C. sembra che il confine sia stato ulteriormente spostato, in modo da includere in Italia la regione della Liburnia e la colonia di Emona, odierna Lubiana. Molto probabilmente fu un altro grande imperatore, Marco Aurelio, a volere questo spostamento, poiché, a causa delle invasioni barbariche dei Quadi e dei Marcomanni (che avevano terrorizzato la popolazione romana di queste zone- famosa è la devastazione di Opidergium– Oderzo), si rendeva necessaria una ristrutturazione militare di tale limite, in modo da garantirne la sicurezza.
Non si pensò a fortificazioni sulle Alpi o nei valichi alpini, bensì alla X Regio vennero incorporate parte delle province limitrofe nei pressi dello spartiacque alpino. Per dare un’idea, queste annessioni riguardavano le città romane immediatamente prossime alla Regio, come Tarsatica (Fiume) e Lubiana, lungo una linea che dalle Alpi Giulie scendeva fino all’isola di Veglia. Nel complesso si formò la Praetentura Italiae et Alpium, un sistema sub-regionale, militare e uniforme, dipendente da Aquileia, utile a fornire adeguata protezione da parte di truppe mobili ivi stanziate. Cessate le invasioni marcomanniche finì anche lo scopo di questa suddivisione ma l’annessione non fu cancellata e di fatto questi territori rimasero annessi dalla Venetia et Histria.
Si può quindi riassumere l’evoluzione del nostro confine orientale in epoca romana in tre nomi: Formio, Arsa, e Praetentura. Tutti e tre presentano ancora oggi grandi incertezze sul loro tracciato, poiché i confini dell’epoca romana difficilmente erano lineari e ben definiti. In massima parte essi corrispondevano a confini naturali, quali montagne, boschi e fiumi e molto spesso non erano fortificati o delimitati da un simbolo specifico. Il fatto che noi oggi sappiamo dove essi si localizzassero è dovuto innanzitutto dalle fonti letterarie e archeologiche ma soprattutto dall’evoluzione che questo e altri confini limitrofi ebbero nelle epoche successive, in particolare nel Medioevo.
Pordenonese doc, classe 1992. Dottore di ricerca in Scienze storiche tra l’Università di Padova, Ca’Foscari di Venezia e Verona, mi piace pensarmi come spettatore di eventi che in un futuro lontano saranno considerati storia. Far conoscere al meglio e a quanti più possibile il nostro passato, locale e non, è uno dei miei obiettivi e come tale scrivo con passione per le mie amate Radici.