Pietro Roberto Camoretto è stato uno stimato medico specialista in otorinolaringoiatria, che al suo attivo può vantare oltre 150 pubblicazioni scientifiche. L’evento a lui dedicato nell’ambito di Pordenonelegge, svoltosi questo pomeriggio a Palazzo Gregoris, ha avuto però come argomento  l’unico suo testo non riguardante la sua professione: l’autobiografia, che definire autobiografia è riduttivo, Il mircolo, la fatica e l’incanto del vivere.

Classe 1925, dall’alto dei suoi novantun anni di vita Comoretto traccia senza troppi fronzoli un compendio della propria esistenza, che forse inconsciamente non si limita a disegnare un percorso tra i propri ricordi, ma diventa un ritratto della società contadina friulana.

Amico dell’autore, a monsignor Bruno Fabio Pighin l’incarico di presentare questo racconto lungo una vita. La giovinezza trascorsa ad Artegna assieme ai fratelli e ai genitori, proprietari dell’albergo centrale del paese, tra i giochi nel boschi e per le strade piene di gente. Del paese natio porterà sempre con sé il ricordo, anche quando gli obblighi professionali lo costringeranno vivere altrove.

L’incanto del vivere però non è una mera esaltazione della vita, ma anche la memoria dei dolori e dei tempi difficili: davanti agli occhi di Comoretto riemergono la miseria e lo spirito quasi missionario che spingeva i medici ad assistere i malati anche oltre le proprie possibilità, che probabilmente furono d’ispirazione per lo scrittore.

La Seconda Guerra Mondiale porta con sé le pagine più vivide del libro. Artegna viene per due volte volte occupata, prima dai tedeschi e successivamente dai polacchi, mentre il giovane Roberto si univa al movimento di liberazione partigiano, venendo ferito al volto durante il bombardamento di Osoppo e rimanendo vivo per miracolo.

Nel Dopoguerra, dopo essere stato radiato da partigiano per manifesto disinteresse nelle attività comuni, Comoretto intraprende gli studi universitari a Padova, dove si laurea in medicina e si specializza in otorinolaringoiatria. Dopo aver prestato servizio in diversi ospedali, negli anni Sessanta diventa primario del reparto di otorinolaringoiatria a Pordenone, ruolo che ricoprirà per oltre 30 anni, anche contribuendo alla fondazione del Cro di Aviano.

Ascoltando l’autore non si può che percepirne la naturale modestia e umiltà, nonché la soddisfazione nell’essere riuscito a raggiungere i propri obiettivi, nella speranza di essere riuscito a trasmettere qualcosa di positivo alle persone che gli sono state accanto. Un sincero applauso alla fine dell’incontro è più che dovuto.