Il servo rosso è il titolo di un’antologia di poesia scelte che ha una particolarità: è un’edizione bilingue, nonostante il suo autore sia italiano. La raccolta s’inoltra infatti lungo un percorso ricco e originale di esplorazione poetica, che va dal 1979 al 2002: un accorpamento di testi già editi, dunque, ma tradotti in inglese. Il motivo è subito detto. Paolo Valesio è poeta, narratore e critico letterario, ma quel che più balza agli occhi della sua biografia è la pluriennale carriera in veste di docente di Letteratura italiana presso numerose università americane.

“Il libro è nato per dialogare con l’America” ha spiegato Valesio al pubblico di Pordenonelegge, tra le pareti intime e accoglienti della Biblioteca della Poesia, “ma poi si è deciso di presentarlo anche in Italia, mantenendo la traduzione in inglese”. Lavoro che peraltro è ben riuscito e che Valesio elogia per la resa in traduzione del senso della sua scrittura. Un esempio si trova in Sonetto transtiberino 2: Villa Medici: il verso ‘ogni grata è fiorita di rubìgine’ è stato sapientemente tradotto con ‘every grate is blooming with a ruby glow’, a riprodurre il bagliore rossastro dell’arcaismo ‘rubigìne’, che altro non è se non il rosso rubino della ruggine.

Il componimento è compreso in una recente serie di quattro sonetti definiti “transtiberini”, poiché ogni verso è evocazione di un’immagine suscitata dal ricordo del giardino romano. In realtà il testo è stato scritto in un posto lontano, la biblioteca di Sterling alla Yale University, luogo di infinite rammemorazioni. Per il poeta, d’altronde, poesia è  sempre dislocazione, stratificazione di esperienze, confronto con altre voci.

Centrale nella sua poetica è infatti un discorso intorno alla porosità tra scrittura in lingue diverse. In Valesio non c’è interesse per confini e barriere linguistiche, bensì indifferenza tra sistemi di comunicazione e fluidità tra situazioni incongrue che sembrano “fondersi ad uno stesso punto di calore”.