Ehi voi! Sì, dico a voi! Non siete diventati matti, sono io che vi parlo, il Cipresso. Non mi meraviglia la vostra reazione… in più di 400 anni l’ho vista molte volte. Sì, perché ho circa 400 anni, anno più anno meno. Aver collezionato tutto questo tempo ha avuto i suoi lati positivi perché mi hanno dichiarato monumento storico, come il Colosseo. Beh?! Cos’è quell’espressione?! I monumenti sono testimoni del passato, no? Anche io lo sono, solo che sono un essere vivente, in foglie e corteccia. Ho deciso di parlare la vostra lingua e di raccontarvi del posto in cui vivo, Rocca Bernarda, a Ipplis di Premariacco.

Affondo le mie radici nel colle Azzano, che pare si chiami così in onore del colono romano Azzio, che io però non ho mai incontrato. La terra dove abito apparteneva al feudo del patriarca di Aquileia, poi è stata donata alla comunità di Cividale e, attraverso vari passaggi ereditari, a Giacomo e Bernardo Valvason.

Anche se allora ero poco più di un germoglio, di loro mi ricordo bene perché sistemarono la costruzione che esisteva sulla collina, innalzarono una cinta di mura, una chiesetta e una cisterna per l’acqua. Era il 1569. Il disegno della Rocca è di Giovanni da Udine, che aveva previsto quattro torri di forma diversa l’una dall’altra. Questo, infatti, non è un castello come gli altri, nossignori! Bernardo Valvason aveva le idee chiare e lo ripeteva a tutti i curiosi che venivano a spiare l’avanzamento dei lavori: “Si fa solo per ornamento dei nostri colli, per diletto e comodo mio e dei miei amici, perché questo luogo deve essere aperto a tutti”. Insomma, Rocca Bernarda non è mai stata una fortezza difensiva, ma una villa, anzi, la prima villa – castello in Friuli. Era un luogo da cui si partiva per andare a caccia, in cui incontrarsi a discutere di letteratura, arte e delle altre questioni che appassionano voi uomini. Io che vivo proprio all’ingresso della Rocca ne ho visti passare tanti! Mi ricordo di Pompeo di Colloredo Mels, Marino Grimani e Cornelio Frangipane, avvocato con la passione per la letteratura. Spero che gli abbiano pubblicato almeno qualcosa, perché lo trovavo molto simpatico.

I cambiamenti di proprietà non hanno modificato l’essenza del posto: nell’ ‘800 Rocca Bernarda appartenne agli Antonini e permettetemi di ricordare la contessa Margherita, che ospitò certi personaggi non troppo graditi alla polizia austriaca. Tra i tanti, il mio preferito era il poeta Pietro Zorutti, una macchietta che mi metteva di buonumore fin da quando lo vedevo arrivare da lontano. Dopo la morte della contessa nel 1862 la Rocca, oppressa di debiti, venne quasi abbandonata. Furono anni tristi.

Nel 1914 la tenuta venne acquistata da Giacomo Perusini, che rimise tutto a nuovo, compreso il giardino e il vigneto. Mi sembrò di tornare a respirare dopo tanto tempo, anche se l’aria nuova non durò molto: il proprietario morì nel 1915 e non molto lontano da qui, sul Carso, si combatteva una guerra sempre più aspra. Vedevo le colline fumanti, sentivo il rumore delle bombe. La vedova di Giacomo, la signora Giovanna, giovane, sola, con due figli da crescere, dovette gestire l’azienda che, tra l’altro, si trovava nel pieno della zona delle operazioni militari: più di qualche volta, infatti, ho avvistato le truppe accamparsi nella tenuta. Quello che non ho potuto scorgere con le mie foglie me lo hanno raccontato i passeri più coraggiosi che si spingevano fino al limite delle trincee: è così che ho saputo della disfatta di Caporetto ed è a causa della ritirata che Giovanna e i figli hanno dovuto abbandonare la Rocca. In realtà la famiglia tornò qui dopo qualche anno, ma fu costretta a fuggire nuovamente nel 1943 e qui abitarono tedeschi, partigiani, americani. Non fu un periodo facile per nessuno. Comunque Giovanna rientrò il 20 agosto 1946 e ci fu una grande festa: mi ricordo i contadini ben vestiti, le donne che piangevano di felicità, ci fu un pranzo memorabile.

Le redini della Rocca furono prese da uno dei figli di Giovanna, Gaetano, che, laureato in scienze agrarie, rimise tutto a nuovo, comprese le vigne. Mi sono accorto che non ho parlato molto del vino che si produce qui e vi chiedo di perdonarmi perché alla mia età qualcosa si dimentica. Queste colline, fin dall’antichità, hanno prodotto vini eccellenti, in particolare il Picolit e la Ribolla: secondo me è stato proprio il vino, che da sempre unisce gli uomini, a rendere la Rocca un punto d’incontro per tante persone, un luogo piacevole in cui stare nonostante le difficoltà. Alla sua morte, nel 1977, Gaetano lasciò la sua proprietà al Sovrano Ordine Militare di Malta e oggi Rocca Bernarda è sede di un’importante azienda vitivinicola.

Io sono ancora qui, silenzioso, a osservare gli ospiti della tenuta e a custodire la sua lunga storia.

Ehi, ci siete ancora? Non vi ho mica annoiato con tutti questi nomi e queste date, vero? Vi ringrazio per aver ascoltato le memorie di un vecchio albero e spero di vedervi presto da queste parti!

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