Nel centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, Raoul Pupo sceglie di partire dalla fine. Nel libro “La vittoria senza pace”, scritto assieme a Giulia Caccamo e Andrea Di Michele, vuole raccontare le vicende delle occupazioni militari italiane avvenute in seguito alla vittoria del 1918.

Il professore triestino, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche, distingue in due fondamentali filoni le operazioni italiane di occupazioni. Lo fa in base agli esiti che queste hanno avuto: se sono state concretizzate in annessioni oppure no.

Al primo tipo appartengono le occupazioni del Trentino Alto Adige, del Tarvisiano, della Venezia Giulia e dell’Istria, che erano i territori promessi all’Italia dal patto di Londra e successivamente annessi con i trattati di Saint-Germain e Rapallo.

Al secondo filone appartengono alcune occupazioni meno note come quelle del Tirolo o della Carinzia, avvenute essenzialmente per ragioni di sicurezza. Racconta infatti Pupo della necessità di difendere Klagenfurt da una possibile espansione yugoslava nei territori dell’ormai finito Impero Austro-Ungarico. Ma non solo: ci sono anche le occupazioni di Albania e dell’Asia Minore.

Queste invece sono coerenti con un disegno di politica estera molto meno concreto ma più idealista. Il Nazionalismo italiano infatti spingeva per l’affermazione dell’Italia sullo scacchiere politico internazionale come Grande Potenza, al pari dell’Impero Asburgico. Interpreti di questo sentimento furono gli ambienti monarchici, intellettuali come D’Annunzio e parte della classe politica, in particolare Sidney Sonnino. Questi tentativi però andarono male a causa di forti tensioni locali e il nostro Paese decise di ritirarsi sia dall’Egeo che dall’Albania.

Molto curiose sono infine anche altre operazioni raccontate nel libro come l’idea di Sonnino di occupare il Caucaso (mai realizzata per mancanza di una flotta) o ancora le spedizioni in Slesia e in Russia.

Insomma, Raoul Pupo ci riesce a offrire una visione interessante di un’Italia non troppo lontana che però forse oggi è difficile non solo ricordare ma anche immaginare.

Lascia un commento