A volte, per distruggere un pregiudizio, una discriminazione di un elemento a favore di un altro, è necessario confondere le acque, limare gli spigoli, rendere il contrasto, la dicotomia, una cosa sola. È il “tutto è uno”, lo yin e lo yang, secondo le diverse interpretazioni; secondo Raja Alem, scrittrice saudita che ha presentato oggi a Palazzo Gregoris il suo nuovo libro “Khatem, una bambina d’Arabia”, le acque da confondere sono nel contrasto uomo-donna; ciò che conta è l’essere umano.
Di qui nasce la storia di Khatem, figlia di uno sceicco saudita nata nella Mecca cosmopolita dell’inizio del XX secolo; dopo cinque figlie femmine, che costringono il padre ad adottare il figlio di un servo per perpetuare il prestigio della famiglia, nasce un’ultima bambina, diversa dalle altre. Nata senza l’ausilio di una levatrice, pallida ed emaciata, ha l’aspetto di un ragazzo: il segreto di Khatem si attorciglia alle sue esperienze quotidiane, fino all’incontro con un musicista siriano, che le fa comprendere fino in fondo la sua natura di ermafrodita. Non uomo, non donna, ma essere umano nella sua completezza; il mito delle due metà del Simposio di Platone, riunito in un unico essere, armonia dei contrasti. Khatem è simbolo della propria società multietnica, frastagliata in innumerevoli dettagli variopinti, un personaggio che, a detta dell’autrice, “supera i confini”.
Come il suo personaggio, Raja Alem nasce da una famiglia ricca, molto legata alle tradizioni; come Khatem lascia la propria realtà per andare a toccare la vita diversa dalla propria, assaporare realtà di cui ha a malapena sentito parlare: e mentre Khatem esplora i bassifondi di La Mecca, le prostitute, i mendicanti, Raja lascia addirittura il mondo arabo per andare a vivere a Parigi. Suo padre subisce le costrizioni della “cultura di vergogna” dettate dagli strati di società saudita più restii alla secolarizzazione; un uomo che lascia partire la figlia, le permette di abbandonare il proprio popolo, non è un uomo. Ma ogni essere umano ha il diritto di rivendicare la propria libertà di autodeterminazione, non farsi fermare da una porta chiusa, perché è in questi momenti che si forgia la sua personalità.
Confondere le acque: uomo/donna, tradizione/modernità, famiglia/mondo esterno. In una società globalizzata è necessario tenere conto di tutte queste differenze e rispettarle, ma è bene anche tenere a mente che queste differenze si inseguono, si uniscono e imparano a convivere nel quadro della realtà.
Sono nato a Pordenone nel 1993. Mi divido tra musica e lettere; gli studi classici, la scrittura e le lingue straniere, si accompagnano a pianoforte, chitarra, voce e teatro. Mi interesso di geopolitica e diritti umani e già mi sono imbarcato in varie esperienze di volontariato, soprattutto in Palestina.