Quando si parla di Maniago, la prima cosa che viene in mente è “la Città del Coltello”. D’altronde questa è l’arte che maggiormente rende nota la località in Friuli e fuori da esso, ma ci sono molte cose da raccontare della silente cittadina della provincia di Pordenone. Dopotutto, l’arte fabbrile e la lavorazione del ferro hanno origini antichissime.

Le origini di questa straordinaria arte sono assai antiche, il primo fabbro ufficialmente riconosciuto è infatti Tubal-cain, nipote nientemeno che di Caino. Nella Bibbia viene definito (nel libro della Genesi) “l’artefice di ogni sorta di strumenti di bronzo e di ferro”. L’archeologo T. C. Mitchell afferma che “Egli scoprì la possibilità di fucinatura a freddo, di primordiale bombatura del ferro meteorico”, altri ricordano Tubal-cain come un chimico, un costruttore d’armi, un assassino, un esperto di arti marziali e tante altre cose. Nei secoli dei secoli (tanto per restare in tema biblico) l’arte si diffuse in ogni angolo del globo, migliorò, vide un’evoluzione straordinaria, nessun materiale rimase immune all’arte considerata, pensate un po’, addirittura di origini demoniache.

Nonostante Maniago vanti un’antichissima tradizione in questo campo, e goda giustamente del titolo di città del coltello, l’arte fabbrile potrebbe avere la sua primitiva origine in uno dei Borghi più belli d’Italia: Poffabro. Il toponimo in sé ci dice già molto: Poffabro deriva da Prafabrorum, che significa “il prato dei fabbri”.

(Per maggiori informazioni si consiglia la lettura dell’articolo: “Poffabro: la bellezza della spontaneità.”)

Fin dall’Alto Medioevo, la cittadina di Maniago dovette sostenere una pesantissima rivalità con la città spagnola di Valladolid per assicurarsi il primato della produzione di spade, principale impiego dell’arte fabbrile dell’epoca, funestata da continui conflitti. A quanto pare risulta essere proprio Maniago la vincitrice di questa particolare competizione, mantenendo l’arte della fabbricazione di spade ed affinandola nella fabbricazione di coltelli, di cui è regina. Chef e macellai assicurano che i prodotti di Maniago sono i migliori che si possano trovare sul mercato.

Maniago, oltre all’immensa cultura in ambito artigianale, vanta anche una tradizione contadina piuttosto importante. Nel territorio l’agricoltura aveva un impatto sociale ancora più significativo che in altri paesi perché assumeva le caratteristiche di veri e propri rituali in cui veniva coinvolta tutta la popolazione.

Da secoli i contadini di Maniago seguono un ferreo codice di condotta per quanto concerne l’agricoltura. In particolare si dedicano ad uno scrupoloso studio dell’astrologia e di come essa influisca nella coltivazione della terra. Seguendo le fasi lunari gli agricoltori regolano la coltivazione della terra, la semina dei campi e degli orti, l’inserimento delle piante da frutto nei boschi e nei giardini e la posa a dimora delle vigne. I lavori agricoli danno poi il ritmo alle feste contadine, a quelle patronali e a tutte le tradizioni del paese. Da segnalare l’esistenza di un piccolo libro scritto da mano anonima attorno al 1500, dal titolo “Osservazioni della Luna sopra l’Agricoltura”, dove sono riportati i migliori consigli per la piantagione di alberi da frutto.

Tuttavia l’agricoltura nel territorio di Maniago e di quasi tutto il pordenonese si rese protagonista di un periodo cupo e tumultuoso della storia friulana. Durante la fine del Quattrocento, scoppiarono nel territorio numerose rivolte popolari guidate dai contadini. Le loro ragioni erano più che legittime: i contadini rivendicavano il diritto di coltivare i terreni in disuso dei nobili e dei feudatari. Un ingiusto spreco del territorio, ma alla Serenissima, che in tale epoca dominava la zona, questo interessava poco. Quando i contadini riuscirono ad occupare i terreni incolti, tra cui quelli di proprietà di alcune importanti abbazie, Venezia inviò un contingente militare, probabilmente mercenario, a sedare la rivolta e riprendere il controllo della situazione. Inutile dire che i contadini nulla poterono contro i militari, che imposero la pena capitale a tutti i rivoltosi restii a gettare le armi.

 

(Photo by: ilfriuli.it)

 

Maniago tra leggende e tradizioni – Seconda parte

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