Se tornassimo indietro nel tempo fino al tardo Medioevo e provassimo a guardarci attorno, probabilmente resteremmo sorpresi dal gran viavai di persone che affollava le strade di Gemona. Per lungo tempo infatti questa piccola città ai piedi delle Prealpi Giulie è stata il principale punto di passaggio per tutti coloro che dal Norico (regione storica che comprende parte dell’Austria, della Baviera e della Slovenia)  volevano scendere in Friuli, ma anche per chi intendeva percorrere l’itinerario opposto, passando per i valichi alpini.

La storia di Gemona è storia antica, storia di una città che per la sua posizione fortunata è stata fino al Cinquecento uno dei centri più importanti del Nord-Est. Le prime notizie risalgono addirittura all’epoca preistorica, quando la zona già era situata lungo una delle vie più frequentate dalle popolazioni nomadi per superare le Alpi, anche se la prima menzione ufficiale porta la firma di Paolo Diacono, che nella sua Historia Langobardorum definisce «inespugnabili» le fortificazioni gemonesi, dalle quali sarebbe poi sorto il castello. Particolarmente florido fu il periodo medievale, che vide Gemona aumentare la sua importanza sotto il Patriarcato di Aquileia, durante il quale divenne signoria affidata alla famiglia Di Prampero, ottenendo progressivamente un’autonomia sempre maggiore e una posizione da protagonista all’interno del parlamento patriarcale.

L’annessione alla Repubblica di Venezia non fece che aumentare l’importanza del paese, visto che la Serenissima optò per la chiusura dei passaggi del Canal del Ferro aumentando di fatto il traffico passante per la cittadina, deliberando anche la continuazione del diritto di Niederlech concessole dai patriarchi; secondo cui ogni mercante era obbligato a pagare un dazio e soggiornare per una notte all’interno delle mura qualora fosse transitato per il paese. L’inizio della fine della prosperità di Gemona coincise con il terremoto del 1511, che distrusse quasi completamente il castello. Nei secoli successivi la perdita dei privilegi e la realizzazione della ferrovia e di nuove strade sancirono la fine del suo ruolo di “porta” del Friuli, ma la città rimase comunque un importante centro culturale e commerciale. Nonostante i gravissimi danni causati da un altro terremoto, quello del 1976, Gemona ha comunque conservato le tracce dell’eredità di oltre mille anni di storia, diventando uno dei simboli della rinascita friulana post-sisma.

La parte alta della città in particolare può essere annoverata tra i centri storici più belli della regione: a farla da padrone è l’imponente mole del Duomo, risalente al Trecento e ricostruito assieme all’adiacente torre campanaria, andata completamente distrutta durante il sisma del ’76. Oltre alla facciata a tre rosoni, che risente della compresenza dello stile rinascimentale del portale abbinato ad un robusto intervento operato nell’Ottocento, il Duomo ospita due opere dello scultore Giovanni Griglio(un San Cristoforo ed un gruppo raffigurante l’Epifania). Merita decisamente una visita anche il vicino Museo della pieve e del tesoro del Duomo: vi sono raccolte opere di pittura e scultura di autori locali e arredi sacri, provenienti dalle chiese gemonesi distrutte dal terremoto del 1976 e non più utilizzati dopo la ricostruzione. Il pezzo forte del museo è però sicuramente il registro battesimale più antico del mondo, datato addirittura 1379.

Lasciandoci alle spalle il complesso del Duomo vale la pena seguire via Bini, affiancata dai palazzi d’epoca fedelmente restaurati dopo il terremoto, talvolta mettendo in luce degli splendidi affreschi. Tra tutti spicca palazzo Elti, sede del Museo Civico. Sviluppato su tre piani, il museo raccoglie opere scultoree e pittoriche di artisti friulani e veneti del XV e XVI secolo come Pomponio AmalteoPellegrino da San Daniele, oltre che di esponenti della scena locale  più recenti come i Brollo e Raimondo D’Aronco. Un discorso a parte va fatto per il castello, i cui lavori di ricostruzione sono ormai quasi al termine: tra le parti completate vi sono i giardini e la torre dell’orologio; mentre la cinta muraria superiore, dalla caratteristica forma triangolare, deve ancora subire gli ultimi ritocchi. Infine segnaliamo, tra le attrazioni rimaste, il Santuario di Sant’Antonio, risalente al Duecento, le chiese di San Rocco e Ognissanti(in località Ospedaletto), quest’ultima vero e proprio gioiello di arte religiosa, e la Cineteca del Friuli, una delle maggiori collezioni cinematografiche italiane, consultabile presso la sede di Palazzo Gurisatti.

Di per sé l’elenco potrebbe continuare ancora per molto, tuttavia vogliamo lasciarvi il beneficio della curiosità, sperando di avervi stuzzicato a visitare questa piccola ma affascinante cittadina. Magari gustando due piatti tipici della zona, entrambi presidio Slow Food: il pan di sorc e il formaggio della locale latteria turnaria. Buon appetito.

Photo by: friuliveneziagiulia.italiadascoprire.net

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