La storia architettonica del Bel Paese è una delle più esteticamente inebrianti del pianeta. Ogni regione italiana è nobilitata da una serie di complessi architettonici di assoluto rilievo. Per quanto riguarda il Friuli, e in particolare la provincia di Pordenone, uno dei monumenti simbolo è il Duomo di San Marco.

Esso è un monumentum in senso stretto, poiché è un “ricordo” non tanto e non solo delle contingenze che hanno portato alla sua costruzione, datata circa intorno alla seconda metà del XIII secolo, bensì di tutte le esperienze politico-architettoniche succedutesi nella città. I muri del Duomo di Pordenone sono un’interessante chiave di lettura per lo sviluppo storico del Friuli, essendo stati rimaneggiati un considerevole numero di volte. Il corpo originario prevedeva un’impostazione romano-gotica, su cui le varie epoche hanno lasciato il segno indelebile del divenire dell’architettura.

Partiamo dal campanile: prospiciente il duomo, torreggia sull’intero complesso architettonico. L’anelito al Cielo tipico dell’architettura gotica si manifesta nel fatto che l’imponente mole, mattonata e di larghezza considerevole (fattori tipicamente romanici), è impreziosita da eleganti trifore e archetti pensili che ne slanciano la figura. Risultato: un compendio di stabilità ed eleganza, sinuosamente protesa fino a 79,47 metri di altezza. Il corpo che comprende la cella campanaria fu concluso nel 1347, e segna tutta la “medievalità” del campanile. Di gusto più baroccheggiante è invece la cuspide, impostata su un tamburo ottagonale, datata intorno al XVII secolo.

Di una singolarità struggente è la facciata: impostata su un corpo di gusto rinascimentale, in cui due serie di colonne sono appoggiate su un altare di pietra in rilievo. La parte superiore ha elementi di gusto romanico ed insieme postmoderno (pensiamo al colore rosa). Ciò è il fortuito risultato di un progetto (incompiuto) dell’architetto veneziano Francesco Lazzari, attivo negli anni ’20 dell’Ottocento, che fu incaricato di modernizzare la struttura sovrastante il portale, realizzato nel 1511 e raffigurante scene della Creazione. Il risultato è un corpo che con le dovute proporzioni rimanda al Tempio Malatestiano di Rimini, realizzato dall’Alberti.

La più nutrita varietà di stili si ha tuttavia all’interno: ambiente a navata unica, riempito da due nicchie laterali ospitanti ciascuna tre cappelle. Esse sono l’elemento più antico: risalgono al XVI secolo. Da questi motivi tardo-rinascimentali, ci muoviamo verso impostazioni tardo-barocche se non già proto-rococò che vennero inserite nel secolo successivo, come dimostrano le voluttuose pasticcerie architettoniche in corrispondenza sia dei muri che separano la navata dalle cappelle laterali, sia dell’elegante organo, sia del ricercato pulpito.
Negli anni ’70 dell’Ottocento vennero presi una serie di provvedimenti che non sono più apprezzabili causa restauri, inerenti tuttavia ad un ciclo di affreschi realizzato nel Settecento dal pittore veneziano Venier.
La palpitante vivacità architettonica fin de siécle diffusasi in tutta Europa negli ultimi anni dell’Ottocento non intercettò lo sviluppo del nostro Duomo, che rimase estraneo anche a tutte le principali manifestazioni architettoniche del Novecento.
Tuttavia, il Duomo è tornato ad essere voce narrante con il Terzo Millennio: nel 2000 Antonio Boatto realizzò l’affresco, raffigurante la Trinità, situato al centro della volta.
Infine, nel 2014 sono state inaugurate le nuove vetrate ideate da Albano Poli, che conferiscono una solenne varietà luminosa all’ambiente.

L’ultimo tassello del complesso mosaico architettonico che iniziò la sua narrazione storico-estetica nel XIII secolo è stato dunque apposto pochi anni fa. E non ha intenzione di fermare il suo dirompente rinnovarsi, per continuare a essere e divenire una traccia indelebile della Storia a Pordenone.

 

 

Photo: checkinblog.it

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