In uno dei comuni della carnica Valle del Bût, lo stesso in cui la squadra di calcio dell’Udinese va in ritiro, mise piede nel 1885 un grande poeta italiano, in cerca di riposo: parliamo di Arta Terme e di Giosuè Carducci.

«I medici dicono essere esaurimento nervoso, e vogliono ch’io vada in montagna. […] andrò a Pian d’Arta sopra Tolmezzo, nella Carnia. Ivi monti e valli e foreste d’abeti ed acque fredde e carne ottima e vin di Conegliano e trote, il tutto a 6 lire il giorno. Non si spende poi nulla per quella gran cosa di esser lontani dagli imbecilli e dai birbanti»
(Lettere, XV, n. 3514)

La fama di Arta Terme come stazione termale, nella seconda metà dell’Ottocento non andava oltre il Veneto; Carducci, toscano, ne viene a conoscenza grazie a degli amici udinesi. Piano d’Arta ― che sta per “altipiano”― è la frazione che accoglie onorata il poeta, il quale soggiorna nell’albergo di Poldo Dereatti.  Così Carducci informa la moglie del suo arrivo:

«Cara Elvira, sono arrivato qui stamani alle 8. Belle montagne. Un bel fiume. Acque solfuree. Foreste di abeti. Bella camera con quattro finestre e bella vista. Mi pare che starò bene.»

Il mese e mezzo passato lì quell’estate fu per lui un vero toccasana: in una terra antica e silenziosa riesce a ritrovare la pace, dedicandosi a rileggere Sofocle, a scoprire le tradizioni carniche e ad esplorare i dintorni. Oltre alla chiesetta di San Nicolò degli Alzeri ― che ispirerà il componimento intitolato Il comune rustico ―, alla frazione di Cedarchis e al limitrofo comune di Zuglio (l’antica Julium Carnicum, sito archeologico), affronta anche vere e proprie escursioni. In una di queste sale fino alla Pieve di San Pietro, chiesa che domina tutta la vallata, per poi capitombolare, senza conseguenze, durante la discesa sulla via del ritorno.

Torniamo anche noi a Darte: le “acque solfuree” di cui parla Carducci sgorgano dalla fonte Pudia e vengono utilizzate fin dall’antichità. Acqua Pudia deriva da acqua putens (puzzolente), termine probabilmente coniato dagli abitanti dell’insediamento romano di Julium Carnicum, riferendosi al caratteristico odore simile a quello delle uova marce, segno della presenza di idrogeno solforato. Al tempo il luogo era frequentato anche dalle matrone di Aquileia, le quali vi passavano un periodo di villeggiatura sfruttando le proprietà terapeutiche dell’acqua per la bellezza della pelle. Distrutte le antiche terme in seguito alle invasioni di Unni e Longobardi, si ritrova menzione ufficiale della fonte solo nel XV secolo, nel manoscritto De antiquitatibus Carniae Historia di Fabio Quintiliano Ermacora da Tolmezzo.

Il primo stabilimento termale moderno fu costruito nel 1870, sulla sponda opposta del fiume rispetto all’abitato. Distrutto anche questo durante il primo conflitto mondiale, nel secondo dopoguerra riemerge l’importanza delle cure termali: ad oggi Arta dispone di un nuovo stabilimento comprendente un Padiglione delle Acque e un reparto wellness. Tuttavia, nonostante la qualità del servizio (sauna tradizionale, biosauna, bagno turco, percorso Kneipp, talassoterapia, doccia emozionale e doccia scozzese) è notizia recente che le terme di Arta chiudono. Sul sito ufficiale l’ultima comunicazione informa infatti che domani, giovedì 14 gennaio, sarà l’ultimo giorno di apertura con l’accesso alle piscine fino alle ore 20:00.
Una grave perdita per la Carnia, a cui viene sottratto l’utilizzo di una delle sue più antiche risorse, anche se la fonte Pudia continuerà il suo millenario corso.

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