Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Il Gattopardo

Quando Alan Friedman pensò di scrivere il suo libro per parlare dell’Italia non aveva in mente di riferirsi al famoso libro di Tomasi di Lampedusa. Voleva infatti chiamarlo Incubo italiano ma poi probabilmente si accorse che il romanzo dello scrittore siciliano descriveva al meglio l’inclinazione nostrana al finto cambiamento, quello che tutti dicono di volere ma in realtà nessuno (o quasi) vuole. Quel cambiamento che turba lo status quo e scoppia la bolla in cui vivono i garantiti, i veri benestanti di questo Paese, vincendo privilegi di casta e di famiglia.

Alan Friedman è un uomo diretto, ama l’Italia ma è americano e non si nasconde neanche quando ci sono da fare nomi importanti. Racconta numerosi aneddoti sui sei personaggi che ha intervistato per scrivere il suo libro: cinque ex Presidenti del Consiglio (Amato, D’Alema, Prodi, Berlusconi e Monti) e l’attuale, Matteo Renzi. Probabilmente è consapevole che narrare alcune scene un po’ strane viste nelle dimore di questi uomini susciti non poca ilarità in chi lo ascolta e si diverte anche lui a raccontare dello spumante di D’Alema o del soffice pelo di Dudù.

Allo stesso tempo però descrive i retroscena, quelli difficili di quella tormentata estate 2011: le confessioni di Prodi e De Benedetti, l’imbarazzo di Monti e le smentite di Napolitano sul cambio di Governo avvenuto a novembre di quell’anno.

Ha molta simpatia per il popolo italiano, per la nostra storia e cultura e forse per questo ne ha poca per gran parte della nostra classe politica. È chiaro anche nell’elencare i cambiamenti che secondo lui vanno fatti: riforma del mercato del lavoro su tutte ma in generale una evoluzione nella mentalità che metta in discussione quei diritti acquisiti in un periodo di abbondanza.

Il titolo Ammazziamo il Gattopardo è quindi un invito a essere un po’ incoscienti, ad andare contro l’immobilismo, a non credere ad occhi chiusi a chi dice di volere il cambiamento ma a trovare delle strade per praticarlo noi stessi.

“Gli italiani – dice – sono per metà vittime ma per metà complici di questa crisi.”

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