Recentemente ho visto una serie di parole il cui significato era tradotto attraverso delle immagini.  Mi spiego meglio: il significato della parola singola, che fosse francese, giapponese, africana o islandese, era intraducibili in qualsiasi altra lingua, se non attraverso una descrizione. Come la parola Pochemuchk, termine russo che letteralmente significa “persona che fa troppe domande“. Vi sfido a trovare un corrispondente in italiano.

Ma non serve attraversare il globo per trovare parole intraducibili. Se pensiamo all’Italia non come a un insieme di regioni, ma un vastissimo gruppo di “microregioni” ciascuna caratterizzata dal dialetto di quella zona, scopriremmo un’Italia completamente nuova. E più ricca di quella che pensiamo, soprattutto di termini che esistono solo in dialetto.

In virtù di questa unicità, ho deciso di selezionare alcuni toponimi del dialetto cordenonese, che è una variante particolare del Friulano, che ritengo esprimibili solo nella lingua di Cordenons.

Pensiamo per esempio alla parola Bàr da mùr. Solo le “siepi che fanno da muro”. In particolare fa riferimento alle spesse siepi che facevano da argine alle piene del Meduna.

Per rimanere nell’ambito agricolo, troviamo la parola Beòrcia, traducibli come “spazio di terreno incolto tra due strade convergenti”.

Per parlare di acqua invece si può ancora sentire, dagli anziani dei paesi, la parola Viasòul, termine che indica il corso d’acqua di risorgiva più occidentale e anche il più isolato.

Per concludere, la parola Smoàs (o Smoiàrs, Smoàrs) indica il terreno molle, di solito indicava la zona delle risorgive.

La “nostra” lingua è ricca di parole uniche, che si sono modellate attorno all’ambiente circostante, e poterle conoscere ci permette di conoscere il nostre territorio attraverso uno sguardo diverso.

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