Prosegue la rassegna di incontri di formazione culturale proposta dall’associazione Aladura: questa volta, presso l’Auditorium della Regione, si è parlato di uno dei grandi classici della letteratura contemporanea: Il Signore Degli Anelli, di J.R.R. Tolkien. A presiedere l’incontro è stato il dott. Paolo Gulisano, medico di professione, saggista e scrittore per passione, massimo esperto di Tolkien in Italia e grande conoscitore del fantasy o, come preferisce lui, della letteratura del fantastico.

Il primo punto trattato è stato l’inquadratura del genere letterario dell’opera: Tolkien, per il suo capolavoro, ha compiuto un’operazione di archeologia culturale, recuperando l’antica dimensione del mito e dell’epica, in cui la scelta del fantastico non rappresenta un “di meno”, ma una risorsa in più, non una fuga dalla realtà, ma uno strumento per guardarla meglio.

L’opera ottenne un grande successo dieci anni dopo la sua prima pubblicazione, quando uscì negli USA in versione economica. Essa infatti divenne una sorta di “manuale di sopravvivenza per un mondo che veniva percepito non come il migliore dei mondi possibili”. Emblematica, in questo senso, fu la risposta che Michael Tolkien diede a un giornalista che gli domandava in merito al successo del padre:

“Almeno per me non c’è nulla di misterioso nell’entità del successo toccato a mio padre, il cui genio non ha fatto che rispondere all’invocazione di persone di ogni età e carattere, stanche e nauseate dalla bruttezza, dall’instabilità, dai valori d’accatto, dalle filosofie spicciole che sono stati spacciati loro come tristi sostituti della bellezza, del senso del mistero, dell’esaltazione, dell’avventura, dell’eroismo e della gioia, cose senza le quali l’anima stessa dell’uomo inaridisce e muore dentro di lui.”

In questo suo tentativo di riportare l’uomo contemporaneo alla bellezza originaria, Tolkien chiede ai lettori di diventare dei cercatori di verità, degli eroi. (Ri)cerca e eroismo, infatti, sono altre due parole chiave dell’opera: la cerca, legata al viaggio dei protagonisti, una cerca al contrario, volta non alla conquista, ma alla rinuncia di un potere che non deve essere usato, quello dell’anello, simbolo del male. E l’eroismo, diverso da quello degli antichi, valorosi e potenti. È l’eroismo dei piccoli e degli umili, degli Hobbit, le uniche creature pienamente tolkieniane.

Ma ne Il Signore Degli Anelli c’è anche altro: c’è lo scontro tra il bene e il male, che non è una guerra tra buoni e cattivi, ma un conflitto presente nel cuore di ogni personaggio, che è così chiamato a fare una scelta. C’è la nostalgia “di cose grandi”, di bellezze e di avventure non vissute. C’è un viaggio, concreto ed interiore, che tocca l’animo di chi lo legge e, a quanto pare, anche di chi l’ha scritto:

“Nulla mi commuove di più al mondo del processo di nobilitazione dell’uomo”

J.R.R. Tolkien

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