Andare a spasso per Venezia con Ezra Pound, grande maestro della contemporaneità letteraria europea ed americana, significa innanzitutto chiedersi perché un “foresto” dovrebbe guidarci per le calli veneziane.
La risposta ce la fornisce proprio lui, in In Durance (“In Prigionia”), poesia scritta nel 1907, ovvero un anno prima rispetto al suo non primo, ma definitivo, soggiorno veneziano. In Durance viene scritta da Pound nella sua terra natia, eppure si costruisce su un’ossessiva ripetizione della frase «I am homesick after mine own kind» (“Sono nostalgico di casa tra i miei stessi simili”), la quale denuncia il profondo disagio che l’autore vive nella sua stessa casa.
Nel 1908 quindi, dopo cinque brevi visite avvenute negli anni precedenti, Pound torna a Venezia per pubblicare in quella che egli chiama «the City of Aldus» la sua prima raccolta di poesie, A lume spento. Quando il poeta tocca il suolo veneziano, non immagina che concluderà il proprio soggiorno con la sua prima pubblicazione – la quale rischiò, a causa di un momento di depressione stilistica, di essere gettata nel bacino di San Marco – e con due nuove raccolte di poesie: A Quinzaine for this Yule (“Una quindicina per questo Natale”, Londra, 1908) e The San Trovaso Notebook (“Libro di appunti di San Trovaso”, scoperto e pubblicato negli anni Cinquanta dalla figlia Mary de Rachewiltz).
Potremmo anche evitare di entrare nel merito dei contenuti che caratterizzano una produzione così intensa, dal momento che essa stessa basta per cogliere l’influenza positiva che ha avuto la città lagunare sul Pound-poeta. È sufficiente leggere qualche verso di queste raccolte, con la consapevolezza del disagio espresso in In Durance, per rendersi conto del potere che ebbe Venezia sull’animo artistico e spirituale dell’autore: «Old powers rise and do return to me / Grace to thy bounty, O Venetian sun» (“Sorgono poteri antichi e a me ritornano / Grazie al tuo dono, o sole veneziano”), sospira all’alma solare di Venezia, e ancora, «Thou that hast given me back / Strenght for the journey, / Thou that hast given me / Heart for the tourney» (“Tu che mi hai dato / Vigore per il viaggio, / Tu che mi hai ridato / Per il torneo coraggio”). Un chiaro riconoscimento nei confronti della città, quasi dispensatrice di una nuova forza e di una nuova serenità.
Quando parlo di questo soggiorno veneziano come “definitivo”, intendo sottolineare la sua profonda influenza nella decisione di Ezra Pound nel non tornare più, se non per brevi periodi, negli Stati Uniti, ma di stabilirsi in Europa e, per buona parte della sua vita, proprio in Italia e a Venezia. Non a caso la sua salma è sepolta a San Michele, a fianco a quella della moglie Olga Rudge.
A questo punto, alla luce del valore positivo di Venezia come «Città di Vita», citando D’Annunzio, della Venezia luminosa e pervasa da uno spirito vitale così intenso da influenzare la sfera emotiva e la stessa produzione di Pound, ma soprattutto alla luce di quello che potremmo considerare il testamento, in senso dantesco , del poeta, ovvero The Cantos, nei quali la città fa ripetutamente capolino tra un verso e l’altro in un continuo elogio e senso di malinconia, ci rendiamo conto del perché dovremmo andare a spasso per Venezia con un “foresto” come Ezra Pound.
Oggi più che mai, nella Venezia votata al turismo ed alla «saggia preoccupazione di arricchire la Società dei Grandi Alberghi», per citare Marinetti, nella Venezia abbandonata ad una multietnicità fittizia e di passaggio, che tuttavia ingloba e distrugge «lo splendore di quell’anima antica e pur sempre novella», avremmo bisogno di farci una passeggiata «Over the Ognisanti», «in the palace / or in the loggia of Rialto», o ancora «on the Dogana’s steps» con chi, agli albori del Novecento, non solo aveva avuto il coraggio di sferrare un colpo irrimediabilmente rivoluzionario al mito veneziano romantico e decadente di Lord Byron e Thomas Mann, fautori del concetto di Venezia come “città di morte”, ma era anche riuscito a conferire alla città lagunare il valore che merita, traendo da ciò un giovamento inestimabile.
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