Il Giro d’Italia si appresta a lasciare il Friuli-Venezia Giulia sotto una pioggia battente, preludio a una tappa che anche per il maltempo sarà la più dura di quest’edizione: duecentododici chilimetri di lunghezza, quasi seimila metri di dislivello, quattro gran premi della montagna ( e tutti di prima categoria), tre regioni toccate. Per molti corridori l’obiettivo di giornata sarà solamente arrivare al traguardo entro il tempo massimo.

O almeno, questo è ciò che sarebbe dovuto succedere: in mattinata, visto il perdurare di una situazione metereologica pessima, la direzione di corsa ha deciso di togliere dal percorso le salite al passo Fedaia e al Passo Pordoi, rispettivamente cima Pantani e cima Coppi (passo di montagna più alto della corsa). Una decisione che sicuramente lascerà delusi molti appassionati e, nonostante le spiegazioni del patron del Giro Mauro Vegni, non mancherà di scatenare polemiche.

La tappa di oggi quindi, seppur rimaneggiata, rimane comunque una frazione di montagna, con due salite mica da ridere.

Si parte dunque da Sacile: porta di confine tra Friuli e Veneto, è un bellissimo esempio di città sull’acqua, sviluppatasi nel tempo sulle rive del fiume Livenza. Il centro storico è caratterizzato dall’elegante architettura dei palazzi nobiliari rinascimentali, retaggio del dominio di Venezia sulla regione. Il sottile equilibrio creatosi tra i suggestivi scorci naturali e il fascino dei palazzi veneziani ha fatto guadagnare a Sacile l’appellativo di Giardino della Serenissima.

Entrato in Veneto, il gruppo si dirigerà verso Fregona, dove inizierà l’ascesa a La Crosetta, una delle tante vie d’accesso all’altopiano del Cansiglio, area di indubbio fascino naturalistico e meta ben conosciuta dagli escursionisti alpini. La salita al Cansiglio non è invece una delle più note a livello ciclistico, ma non è sicuramente una passeggiata di salute.

Sono undici chilometri e mezzo con pendenza media del 7% e massime del 12%, ben spalmate su una salita molto regolare, nel complesso forse più favorevole ai passisti scalatori che agli specialisti.

Dallo scollinamento si scenderà verso Farra e Belluno, per poi proseguire fino ad Agordo e qui, anzichè imboccare il passo Fedaia come da copione originale, iniziare dolcemente a salire verso Alleghe e all’inizio del colle di Santa Lucia, asperità non segnalata come gran premio della montagna ma comunque degna di nota.

Dopo una breve discesa, la corsa arriverà all’ultima fatica di tappa: il Passo Giau, con i suoi 2233 metri nuova cima Coppi del Giro dopo l’annullamento del passo Pordoi. È una salita storica, dove la corsa rosa è passata più volte, una delle ascese simbolo delle Dolomiti.

Da Ponte Codalonga sono quasi dieci i chilometri di fatica, con una pendenza media del 9% e massime del 14%, che si incontrano già nel primo chilometro. Ascesa dura e che con il maltempo potrebbe diventare quasi eroica, oltre che ideale trampolino di lancio verso il traguardo di Cortina d’Ampezzo, distante meno di venti chilometri, perlopiù in discesa, dal gran premio della montagna. Da segnalare che l’ultimo chilometro è quasi totalmente in leggera salita e presenta anche un tratto in lastricato: un arrivo meno semplice di quello che sembri, soprattutto se dovesse arrivare un gruppetto di attaccanti.

Non sarà la tappa epica che si prospettava fino alla vigilia, ma il terreno per dare spettacolo comunque non mancherà. Speriamo almeno che le condizioni meteo non peggiorino al punto da rendere impossibile anche la diretta televisiva. Di certo avremmo tutti voluto che il Giro salutasse il Friuli-Venezia Giulia in maniera meno problematica.

 

Photo by: Diana Robinson, Flickr prophile