Una giovane nobildonna viene inquisita tra il 1568 e il 1570 per eresia a Venezia, durante il processo intentatole dal Sant’ Uffizio veneziano emerge fin da subito il ritratto di una personalità combattiva ed erudita, dotata di un’autonomia di giudizio fuori dal comune. I giudici inquisitori si trovano di fronte a una donna, «rara per la sua intelligenza», contraddistinta da un pensiero troppo indipendente, che l’ha indotta alla curiosità e di conseguenza alla tentazione.
In quanto donna faceva parte di quella fetta di pubblico di lettori da tenere sotto controllo. Infatti, non a caso, a seguito dell’aumento del numero delle lettrici, tra il 1520 e il 1650, vengono attivati dei sistemi di controllo e tutela della lettura femminile da parte di parroci, inquisitori e confessori con l’intento preciso di modellare, disciplinare e manovrare il nuovo pubblico di lettrici, di cui faceva parte la protagonista della nostra storia.
Costei è la nobile Isabella da Passano, nata a Padova e poi trasferitasi a Portogruaro in seguito al matrimonio con il feudatario friulano Marco della Frattina. Nel maggio 1568 viene accusata di letture proibite, come la Bibbia in volgare e l’Ariosto, di pericolose amicizie con intellettuali eterodossi, di comportamenti ritenuti contrari alle norme ecclesiastiche, come ad esempio il consumo di carne nei giorni proibiti e l’assenza di immagini sacre nelle stanze del suo palazzo.
Nel 1570 a seguito di una pubblica abiura, riguardante l’ammissione di aver ceduto alle letture ereticali, e della difesa dell’illustre avvocato friulano, il nobile Cornelio Frangipane, Isabella viene rilasciata dal convento veneziano di suore, in cui era detenuta da ormai due anni. Nonostante fossero stati appurati i suoi rapporti con personaggi di spicco degli ambienti del dissenso religioso, le viene concessa un’assoluzione ambigua, per nulla chiarificatrice sulla sua posizione da eretica.
L’assoluzione è sembrata una decisione dettata dall’opportunismo politico più che dalla convinzione della sua innocenza. Non per nulla il frate domenicano, Santo Citinio da Udine, a cui era stato delegato il caso, era stato sottoposto a pressioni politiche e legali. Da ciò il conseguente rilascio non condiviso dal Nunzio pontificio Giovanni Facchinetti, che si muoveva in un terreno giudiziario insidioso, qual era quello della Repubblica di Venezia, dove il potere dell’Inquisizione era mitigato sia da magistrature statali, come i Savi dell’eresia, sia da posizioni di tolleranza, congenite da sempre alla politica repubblicana, non solo con gli eretici, ma anche con le minoranze etniche.
È Isabella la vincente. Una donna, che si è difesa dalle accuse d’eresia ma anche dalle invidie provenienti dalle altre femmine, che la definivano come una «donna che gli par di saper purassai». Di certo lei non poteva camminare a «occhi bassi e a capo chino», per la contentezza dei trattatisti morali del tempo, come il cardinale Agostino Valzer, che invece avrebbero visto nel suo «portamento nobile e altero» dei segni di degenerazione e mancanza di virtù.
Ella era tale in quanto avevo ricevuto un’istruzione ‘liberale’ al di fuori della «piccola patria», dove il diritto ad un’educazione culturale non era ritenuto per forza un «monopolio maschile». Fin dall’infanzia Isabella ha potuto usufruire di un’educazione di alto livello, sia di tipo letteraria, attingendo al pensiero di autori come Aristotele e Virgilio, che scientifica, disquisendo con il precettore piemontese, Giacomo Broccardo, su questioni di carattere scientifico, riguardanti le teorie matematiche di Euclide.
Letture consigliate:
Fabiana di Brazzà, Sulle ‘donne illustri’ del Friuli, in Andrea Csillaghy, Antonella Riem Natale, Milena Romero Allué, Roberta De Giorgi, Andrea Del Ben e Lisa Gasparotto (a cura di), Un tremore di foglie. Scritti e studi in ricordo di Anna Panicali, Udine, Forum, 2011, pp. 413-422.
L’eresia di Isabella in culturaspettacolovenezia.it, http://www.culturaspettacolovenezia.it/node/2070.
«Sei un’eretica». Processo a Isabella, in la Lettura del Corriere della sera, Milano, Anno 7-N.35, p. 25.
A volte sono uno studente di Storia. Nel resto del tempo un viandante atipico, come Astolfo in sella al suo Ippogrifo, alla ricerca involontaria dei più svariati imprevisti. L’amore verso l’avventura salgariana è commisurato a quello verso la storia, velata come l’autunno di un ricordo passato da far riemergere e rivivere dal fondo di un archivio così come dall’oblio di una memoria recisa dalla sua radice